Torna Books in the Kitchen con un nuovo libro e una nuova ricetta. Devo ammettere che quando ho pensato a Pereira la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la limonata, visto che nel libro di Tabucchi il personaggio ne beve a profusione, con e senza zucchero, a volte intervallate da un bicchierino di Porto. Riandando indietro con i ricordi, però, mi è tornato alla memoria il complemento classico a ogni limonata: l’omelette alla erbe aromatiche. Da quel pensiero a questa rubrica è stato un attimo. e allora eccomi qui a presentare Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi e la suaomelette e limonata.
Image may be NSFW. Clik here to view.Sostiene Pereira fu pubblicato nel 1994, vincitore sempre quell’anno del Premio Campiello. Il romanzo racconta la storia del dottor Pereira, un giornalista che vive nella Lisbona salazarista del 1938, in pieno regime dittatoriale. Pereira ha abbandonato la cronaca nera e, dopo la morta dell’amata moglie, si è rintanato nel suo ricordo e nella rubrica culturale del quotidiano Lisboa. Pereira è un uomo solo, riflessivo, introverso, obeso e cardiopatico, chiuso in una vita fatta di memorie e abitudini fisse, che non lasciano nessuno spazio al presente o al futuro. Tra le sue abitudini c’è proprio quella recarsi tutti i giorni a fare colazione al Café Orquidea, ordinando sempre le stesse cose: omelette e limonata. La sua vita ordinaria viene però sconvolta dall’incontro con un giovane giornalista, Francesco Monteiro Rossi, oppositore del regime e rivoluzionario insieme alla fidanzata Marta. Inizialmente Pereira non vuole lasciarsi coinvolgere dalle loro attività, ma ben presto si affeziona ai due giovani e, soprattutto, si rende conto della realtà violenta e buia in cui vive, un pensiero che non può lasciarlo indifferente e che lo risveglia completamente. Sarà così che Pereira darà rifugio a Monteiro e in quell’occasione l’omelette, da semplice relitto in un mare di ricordi e solitudine, diventerà qualcosa di diverso e nuovo, simbolo di condivisione, affetto, speranza, presa di consapevolezza, coscienza civile, eroismo, riscatto, sguardo al futuro. Ovviamente non vi racconterò il finale, amaro, triste ma che lascia spiraglio alla speranza, e lascio a voi il piacere di scoprirlo da soli. Quello che rimarrà di sicuro è lo straordinario personaggio di Tabucchi e un libro che parte in sordina per poi rimanerti sotto la pelle. Inevitabile affezionarsi a Pereira e portarlo con sé, anche molti anni dopo la lettura.
Nel brano in cui vi propongo, Pereira dà ospitalità a Monteiro Rossi in fuga dalla polizia politica. Il giovane è arrivato trafelato e spaventato a casa di Pereira, il quale lo accoglie in casa sua, fornendogli un bagno, una camicia pulita e un po’ di riposo nel suo letto. Verso sera, Pereira decide di preparare la cena per entrambi ed è lì che il protagonista ci descrive la sua ricetta per l’omelette alle erbe aromatiche:
Alle otto Monteiro Rossi dormiva ancora. Pereira si recò in cucina, sbattè quattro uova, vi mise un cucchiaio di mostarda di Bigione e un pizzico di origano e di maggiorana. Voleva preparare una buona omelette alle erbe aromatiche, e forse Monteiro Rossi aveva una fame del diavolo, pensò. Apparecchiò per due nel salotto, stese una tovaglia bianca, mise i piatti di Caldas da Rainha che gli aveva regalato il Silva quando si era sposato e sistemò due candele su due candelieri. Poi andò a svegliare Monteiro Rossi, ma entrò piano nella stanza perché in fondo gli dispiaceva svegliarlo. Il ragazzo era riverso sul letto e dormiva con un braccio nel vuoto. Pereira lo chiamò, ma Monteiro Rossi non si svegliò. Allora Pereira gli scosse il braccio e gli disse: Monteiro Rossi, è l'ora di cena, se continua a dormire non dormirà questa notte, sarebbe meglio che venisse a mangiare un boccone. Monteiro Rossi si precipitò giù dal letto con l'aria terrorizzata. Image may be NSFW. Clik here to view.Stia tranquillo, disse Pereira, sono il dottor Pereira, qui è al sicuro. Andarono in salotto e Pereira accese le candele. Mentre cuoceva l'omelette offrì a Monteiro Rossi un paté in scatola che era rimasto nella dispensa, e dalla cucina chiese: che cosa le è successo, Monteiro Rossi? Grazie, rispose Monteiro Rossi, grazie dell'ospitalità, dottor Pereira, e grazie anche per i soldi che mi ha mandato, me li ha fatti recapitare Marta. Pereira portò in tavola l'omelette e si sistemò il tovagliolo intorno al collo. Dunque, Monteiro Rossi, chiese, cosa succede? Monteiro Rossi si precipitò sul cibo come se non mangiasse da una settimana. Piano, così si strozza, disse Pereira, mangi con calma, che poi c'è anche del formaggio, e mi racconti. Monteiro Rossi ingoiò il boccone e disse: mio cugino è stato arrestato. Dove, chiese Pereira, alla pensione che gli avevo trovato io? Macché, rispose Monteiro Rossi, è stato arrestato in Alentejo mentre cercava di reclutare gli alentejani, io sono sfuggito per miracolo. E ora?, chiese Pereira. Ora sono braccato, dottor Pereira, rispose Monteiro Rossi, credo che mi stiano cercando per tutto il Portogallo, ho preso un autobus ieri sera, sono arrivato fino al Barreiro, poi ho preso un traghetto, dal Cais de Sodré fino a qui sono venuto a piedi perché non avevo soldi per il trasporto. Qualcuno sa che è qui?, chiese Pereira. Nessuno, rispose Monteiro Rossi, nemmeno Marta, anzi, vorrei comunicare con lei, vorrei dire almeno a Marta che sono al sicuro, perché lei non mi manderà via, vero dottor Pereira? Lei può restare qui tutto il tempo che vuole, rispose Pereira, almeno fino a metà settembre, fino a quando non ritornerà la Piedade, la portiera dello stabile che è anche la mia donna di servizio, Piedade è una donna fidata, però è una portiera e le portiere parlano con le altre portiere, la sua presenza non passerebbe inosservata. Beh, disse Monteiro Rossi, di qui al quindici settembre mi troverò un'altra sistemazione, magari ora parlo con Marta. Senta, Monteiro Rossi, disse Pereira, lasci perdere Marta per ora, finché lei è a casa mia non comunichi con nessuno, se ne stia tranquillo e si riposi. E lei cosa fa, dottor Pereira, chiese Monteiro Rossi, si occupa ancora dei necrologi e delle ricorrenze? In parte, rispose Pereira, ma gli articoli che mi ha scritto sono tutti impubblicabili, li ho messi in una cartellina in redazione, non so perché non li butto via. È tempo che le confessi una cosa, mormorò Monteiro Rossi, mi scusi se glielo dico così in ritardo, ma quegli articoli non sono tutta farina del mio sacco. Come sarebbe a dire?, chiese Pereira. Beh, dottor Pereira, la verità è che Marta mi ha dato una buona mano, in parte li ha fatti lei, le idee fondamentali sono sue. Mi pare una cosa molto scorretta, replicò Pereira. Oh, rispose Monteiro Rossi, non so fino a che punto, ma lei, dottor Pereira, lo sa cosa gridano i nazionalisti spagnoli?, gridano viva la muerte, e io di morte non so scrivere, a me piace la vita, dottor Pereira, e da solo non sarei mai stato in grado di fare necrologi, di parlare della morte, davvero non sono in grado di parlarne. In fondo la capisco, sostiene di aver detto Pereira, non ne posso più neanch'io.
Ecco allora la ricetta per l’Omelette alla Pereira. Io oltre alle erbe citate, ho aggiunto timo e rosmarino, mentre ho tolto la mostarda di Digione.
In una ciotola sbattete le uova, la mostarda di Digione, le erbe aromatiche, il sale e il pepe.
Scaldate l’olio o il burro in una padella antiaderente, versate il composto.
Inclinate la padella verso di voi e fate rapprendere le uova, con un mestolo staccate i bordi, dopodiché inclinate la padella nel senso opposto, in modo da cospargere il composto in tutti gli spazi vuoti. Prima che l’uovo si rapprenda tutto completamente richiudete a libro e toglietela dal fuoco.
Buon lunedì. Per esorcizzare il tempaccio di questi giorni che neanche a novembre, il tema di questa settimana è un rewind, ovvero ripreso dall’anno passato:
Estate dove sei? Chi lo sa. Mentre fuori piove come se fossimo già in autunno, io questa settimana vi propongo una delle commedie che amo di più. Una storia di fate, folletti e innamorati. E di una notte d’estate magica e piena di amore e poesia. Sarò scontata, forse, ma io mi affido al Bardo questa volta e vi propongo una delle sue opere più famose e apprezzate. Non mi dilungo, l’opera in questione non ha bisogno di presentazioni, solo di essere letta. E se vi va, dopo la lettura guardatevi pure il film con Rupert Everett e Michelle Pfeiffer che è molto simpatico. Il Recommendation Monday di questa settimana è Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare.
Questa settimana ho deciso di dedicarla a quei protagonisti che per un motivo o l’altro riescono ad affascinarci, ci incuriosiscono, si infilano sotto pelle e restano nella nostra memoria. Personaggi a cui non abbiamo saputo resistere e che era impossibile non amare. Di personaggi del genere ne ho incontrati molti e se ci penso risalgono in superficie ricordi di letture memorabili con altrettanti personaggi straordinari. La scelta è ardua. Poi, ho deciso di parlarvi di uno degli ultimi personaggi nati dalla penna di Baricco, nonché l‘ultimo libro che ho letto dello scrittore, che per me è sempre stato una garanzia. Un uomo misterioso, malinconico, fuori da ogni tempo e spazio, alla ricerca di una bellezza che si svela lentamente e non può che commuoverti. Uno scrittore che non vuole più scrivere ma che non riesce a fare a meno della sua arte, dei suoi personaggi, delle sue storie. Un personaggio che fa sentire la sua mancanza non appena si gira l’ultima pagina. Il libro in questione è Mr Gwyn di Alessandro Baricco.
L’estate è il tempo dei viaggi, delle vacanze e del tempo libero da spendere come meglio ci piace, incluso leggendo i libri che erano in wishlist ma che durante l’anno non abbiamo mai avuto il tempo di sfogliare. Ogni libro è un mondo e ogni mondo ha i suoi luoghi speciali in cui ambientare storie da amare. In questo Top 10 mi sono lasciata ispirare da Bibliomania, che ha stilato una lista delle più belle ambientazioni dei libri di sempre. La mia top sarà rivolta a quei luoghi reali, raccontati dai nostri scrittori preferiti, che sono diventati mete ambite dei nostri viaggi, veri o “libreschi” che siano. Se avete voglia di viaggiare con me, continuate a leggere.
Da quando ho scoperto Murakami, il Giappone è diventata una delle mete che più desidero visitare nella vita. In particolare Tokyo, una metropoli dalle mille suggestioni e contraddizioni, dal fascino scaturito dalla incredibile simbiosi tra modernità e tradizione, una città che promette di stupire al solo sguardo. Uno dei suoi libri che meglio rappresentano Tokyo è sicuramente After Dark, una storia visionaria e onirica ambientata nella Tokyo notturna, fatta di luci, traffico, bar e love hotel, animata da una compagine umana fragile, nebulosa, quasi ombra di quell’umanità che cammina per le stesse strade di giorno e che sembra alla ricerca di qualcosa di indefinito, già svanito alle prime avvisaglie dell’alba. Da leggere e rileggere e Tokyo da vedere assolutamente.
2.Barcellona: L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zafón
La Barcellona di Zafónè un crogiuolo di magia, storie e personaggi eccentrici, spettrali, buffi, grotteschi, che paiono davvero spuntati fuori da un libro, oltre che di pura bellezza. Con lo scrittore catalano, seguiamo il cammino di Daniel Sempere lungo la città: il Barrio Gotico, Montjiuic, il Tibidabo, il porto, le Ramblas… una città si dispiega davanti ai nostri occhi mentre il protagonista cresce, si innamora, prova rabbia, dolore, gioie, vive incredibili avventure e fa incontri che lo segneranno per tutta la vita. E alla fine, quando il libro giunge al termine, ciò che rimane insieme al piacere di una storia che commuove ed emoziona e il desiderio di scoprire tutte le malie e i segreti di una città irresistibile.
Chi ha amato la trilogia di Larsson non può non aver sviluppato una particolare curiosità per la capitale svedese. Sulle tracce di Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist, Larsson ci racconta la città nei minimi dettagli – case, vie, piazze, bar, ristoranti, hotel – mostrando il lato più oscuro di quella che è sempre stata considerata una citta pacifica, forse fin troppo. Non è un caso che siano nati dei veri e propri tour lungo i luoghi descritti dai libri, dalla casa di Kalle Blomkvist a quella di Lisbeth, passando per la sede della Milton Security fino al cottage di Mikael sulla bella isola di Sandhamn a soli 30 km da Stoccolma.
4.La brughiera dello Yorkshire, Inghilterra: Jane Eyre di Charlotte Brontë
Se c’è una cosa che contraddistingue le sorelle Brontë, non solo Charlotte in Jane Eyre, ma anche Emily in Cime Tempestose e Anne in Agnes Grey, è l’assenza delle grandi città dalla geografia dei loro romanzi. I personaggi creati dalle sorelle Brontë si muovono in luoghi ameni e selvaggi, nella brughiera ventosa, fredda, tormentata e altamente suggestiva che per loro significava casa. La protagonista Jane Eyre trascorre la sua infanzia in un collegio isolato dal mondo e, appena adulta, si sposta subito a Thornfield, dimora di Mr Rochester, tipico castello della nobiltà inglese di campagna. Per Jane quei luoghi saranno l’espressione naturale di un animo dalle grandi passioni, spesso conflittuali e difficili da mettere a tacere, la perfetta interpretazione dell’amore travagliato ma inestinguibile tra lei e Rochester. Charlotte, così come le sue sorelle, non fa altro che riportare con le sue parole quello che è il suo mondo: le tre sorelle, al di là di brevi viaggi, non si sposteranno mai dalla casa paterna, che si trova nella regione dello Yorkshire, nell’Inghilterra del nord, e probabilmente non avrebbero potuto altrimenti, innamorate come erano di quei luoghi austeri ma estremamente affascinanti, romantici nel senso più autentico del termine. Oggi è ancora possibile visitare la loro casa, nel piccolo villaggio di Haworth, e respirare l’atmosfera che ha tanto ispirato le tre scrittrici, un caso unico nel panorama letterario mondiale.
5.Cartagena de Indias, Colombia: L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Marquez
La città colombiana è il teatro di una delle storie d’amore più belle di tutti i tempi, quella di Florentino Ariza e Fermina Daza, protagonisti di L’amore ai tempi del colera. La maestria di Gabo si riversa in questa vicenda che raccoglie l’arco di una vita intera fatta di attesa e un amore che non riesce a spegnersi mai, nonostante i continui rifiuti, gli ostacoli, le ferite, gli anni che passano e i chilometri di distanza. L’atmosfera coloniale che si respira nella Cartagena di Marquez rivive attraverso una passeggiata lungo il centro storico della città, dove si incontra la casa davanti alla quale Florentino vide una bambina intenta nel ricamo di cui si innamorerà perdutamente, ma anche l’Hotel Santa Clara, nella cui cripta viene ritrovato il corpo di Sierva Maria de Todos los Angeles, protagonista di un altro piccolo capolavoro di Marquez, Dell’amore e altri demoni. La Colombia di Marquez è un mondo sospeso tra realtà e magia che andrebbe visto con i suoi stessi occhi e con lo stesso meraviglioso spirito che anima le sue storie.
Del libro e del suo meraviglioso personaggio ve ne ho parlato qualche giorno fa. Oltre a raccontare la storia di Pereira, nel suo romanzo, Tabucchi ci regala scorci inediti di Lisbona, visioni di una città ricca di luce e bellezza nonostante viva uno dei periodi più bui della sua storia. Il Cafè Orchidea è un luogo che richiama tradizioni e stili di vita dei lisbonesi, abituati a fermarsi nelle piazze e nei caffè della città per chiacchierare a lungo e dominare il tempo che scorre secondo regole inventate da loro. Le strade percorse da Pereira diventano itinerari della memoria, da compiere per ammirare tutto il fascino di una città legata alle sue tradizioni ma per natura aperta a ciò che di nuovo arriva dal mare, in una dolce amalgama tra passato e futuro.
Mentre è alla ricerca dei fiori per una festa, Mrs Dalloway gironzola per la città di Londra immersa nei suoi pensieri. Virginia Woolf, in flusso continuo dei pensieri, sogni, paure, timori, ricordi della sua protagonista, inserisce perfettamente anche Londra percorrendola in lungo e in largo. Così, man mano che si va più a fondo nella coscienza della signora Dalloway, anche la città pare estendersi e rendersi sempre più articolata, un reticolo di vie, strade e parchi che va dal grigio dei sobborghi all’eleganza degli edifici e l’imponenza dei monumenti del centro della città. Quando Mrs Dalloway tornerà a casa con i suoi fiori e l’epifania che ci si aspetta, noi avremo una lista di luoghi da visitare dalla lunghezza direttamente proporzionale al desiderio di visitare la capitale del Regno Unito quanto prima.
8.New York: Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron
James Sveckè un novello Holden Caufield che si aggira per Manhattan alla ricerca di una propria identità e con la paura di crescere che attanaglia chiunque sia nella fase di passaggio dall’adolescenza all’incomprensibile età adulta. Nel romanzo di Cameron, New York appare più topica che mai, con i luoghi di maggiore attrazione ben in vista, mentre James si interroga sul suo futuro e la sua persona. La Grande Mela appare a volte poco accessibile, altre empatica, altre ancora nemica e indifferente, ma sempre affascinante e irresistibile.
9.San Pietroburgo: Le notti bianche di Fedor Dostoevskij
Il piccolo capolavoro del Dosto ci racconta del sognatore per eccellenza, che nelle notti bianche passeggia per San Pietroburgo, accompagnando i suoi pensieri con visioni romantiche di piazze, strade ponti, canali appartenenti a una delle città più eleganti del mondo. Sognare sembra così semplice nella capitale degli zar, così come innamorarsi. Ne sanno qualcosa Tatiana e Alexander di Il cavaliere d’inverno di Paullina Simons, che scoprono i loro sentimenti e passioni durante le lunghe passeggiate nel Giardino d’Estate e il Campo di Marte, all’ombra di quel cavaliere di bronzo simbolo della città e di un’epoca che ancora oggi mantiene intatto il suo fascino.
10.Dublino: Agnes Browne mamma di Brendan O’ Carroll
Non c’è niente di meglio che le avventure di Agnes Browne, nate dall’arguta penna di O’Carroll, per apprezzare il lato più autentico della vita irlandese e l’animo più vero di una città come Dublino. Le storie di Agnes e famiglia coprono in gran parte gli anni Sessanta e Settanta, ma i luoghi, come Moore Street dove Agnes ha il suo banco di frutta e verdura, sono quelli dell’immaginario collettivo di un Dublino che sfida le decadi e la modernità per mostrare tutta la sua veracità e vitalità.
Il nostro viaggio tra i libri è giunto al termine. E voi quali altre mete suggerite?
Sarà che questo è un periodo di partenze e viaggi, sarà che ultimamente sono parecchio in fissa con la fantascienza e un Dottore serialeche torna il 23 di questo mese, ma se penso a una delle mete più ambite dell’uomo non posso che pensare allo spazio. Con il naso all’insù in cerca di stelle cadenti, immagino galassie e pianeti lontani. Sono molti gli scrittori che hanno fatto lo stesso sogno e hanno riversato tutta la loro immaginazione in storie e racconti ambientati nello spazio, in modo ironico o da veri believer, come mezzo per viaggiare con la fantasia e allontanarsi dal mondo o come lente d’ingrandimento per riflettere sulla natura umana. Avevo in mente due titoli, molto diversi tra loro ma altrettanto belli, e alla fine mi sono decisa per quello più “leggero”. D’altronde siamo d’estate. Una storia divertente, con molto british humor, comicità nonsense, personaggi al limite del reale e un’avventura tra le stelle tutta da ridere e ricordare, al grido di “Don’t panic!” e con un asciugamano sulla spalla. Un classico del genere e un libro cult da non perdere. Si parla di Guida galattica per gli autostoppisti di D. Adams.
Il 23 agosto torna Doctor Who, la longeva serie targata BBC, e con essa lo straordinario personaggio che ne è protagonista. Lo show, reboot della serie classica partita nel 2005 grazie allo showrunner e produttore Russell T. Davies e da qualche anno nelle mani di Steven Moffat (Sherlock), è giunto alla sua ottava stagione, una season davvero molto attesa, poiché segna l’inizio dell’era del Dodicesimo Dottore, interpretato da Peter Capaldi, al quale Matt Smith ha passato il testimone nello scorso Speciale di Natale. Un nuovo Dottore e una nuova avventura. Le aspettative, quindi, sono molto alte tra i fan dello show, insieme alla curiosità che la comparsa del nuovo Signore del Tempo comporta.
Non so quanti di voi che mi leggete hanno un debole, se non una vera passione, per Doctor Who. Io ci ho girato intorno per molto tempo e, alla fine, non ho resistito al suo fascino, tuffandomici a pieni polmoni e lasciandomi conquistare dal mondo del Dottore. Arrivati a questo punto, è facile intuire che non vedo l’ora che arrivi il 23 agosto per guardare il primo episodio della nuova stagione, intitolato Deep Breath.
L’attesa è ormai giunta al termine e non stiamo più nella pelle. Per celebrare l’evento e prepararsi al meglio, ecco una lista delle OTTO cose da sapereprima dell’inizio dell’ottava stagione. Enjoy it e preparate i bagagli… l’inconfondibile rumore del TARDIS è sempre più vicino!
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1. La scelta di Peter Capaldi è stata decisa da Moffat fin da subito. Il produttore ha affermato diverse volte come il nome di Capaldi fosse l’unica opzione davvero presa in considerazione per sostituire Matt Smith. “Sapevo che era un grandissimo fan. C’è qualcosa di affascinante nel sapere che c’è un attore così fantastico e carismatico, uno dei migliori attori in Gran Bretagna, che è un fan dello show. E cominci a pensare ‘Forse dovremmo combinarci qualcosa’.” Un breve provino, più un incontro privato a casa di Moffat tra i due, ha suggellato la scelta. Peter Capaldi sarebbe diventato il Dodicesimo Dottore!
2. Il Dottore di Capaldi sarà più vecchio (l’attore ha 55 anni, Eccleston, Tennant e Smith alla loro apparizione come Nono, Decimo e Undicesimo avevano rispettivamente 41, 34 e 28 anni), più introverso e fiero, più oscuro, non sarà una persona accessibile e che cerca l’approvazione dei suoi compagni, ma una figura molto più aliena di quanto lo sono stati i suoi predecessori. Anche l’accento del Dottore subirà un cambiamento: Capaldi e Moffat, infatti, sono arrivati alla conclusione che fosse la scelta più giusta per Peter mantenere il suo accento scozzese, per permettere all’attore di sentirsi più a suo agio, oltre che per marcare ulteriormente il passaggio al nuovo Dottore. Nel 2005 Davies non fece la stessa concessione a David Tennant, il quale dovette adottare l’accento dell’Estuary English.
3. Il rapporto tra il Dottore e Clara Oswald (interpretata da Jenna Coleman) sarà molto più complicato e conflittuale di quello tra Clara e Smith, che aveva una cotta per la sua companion. Nessun flirt, quindi, tra il Dodicesimo e Clara, poiché, a detta di Capaldi, sarebbe stato poco appropriato, data anche la differenza d’età tra i due. Jenna ha ammesso che il suo personaggio incontrerà una reale difficoltà ad accettare e riconoscere il suo compagno d’avventure e che le discussioni tra i due non mancheranno, come in una coppia sposata che si adora ma nemmeno si sopporta.
4. Così come il Dottore, anche gli episodi si faranno più cupi mentre il ritmo delle vicende sarà scandito da sequenze più lunghe e articolate. Nuovi nemici attendono il Dodicesimo Dottore, anche se vedremo il Signore del Tempo affrontare di nuovo i suoi vecchi nemici, i Dalek. Non è previsto, invece, il ritorno del Maestro: Moffat pensa che la sua storia, per quanto interessante, sia giunta ormai al suo naturale epilogo.
5.Peter Capaldi era già comparso in Doctor Who. Fan della serie fin da bambino, nel 2008 l’attore aveva accettato di interpretare il personaggio di Caecilius nel secondo episodio della quarta stagione, The Fires of Pompei, dove incontra il Decimo Dottore in viaggio con Donna Noble. In quello stesso episodio, fa una comparsa anche Karen Gillan, la futura Amy Pond compagna del Dottore di Smith. Capaldi ha raccontato di essersi entusiasmato all’arrivo sul set e che uno dei momenti più emozionantiè stato quando Tennant si è offerto di accompagnarlo a vedere il TARDIS. Come dargli torto!
6. Pare che i primi due episodi dell’ottava stagione siano stati messi in rete alcune settimane fa. Si tratta di episodi realizzati completamente ma in bianco e nero e privi degli effetti speciali. Probabilmente la causa è una falla nel sistema di BBC America. Le puntate sono state subito rimosse, ma a sorpresa sono comparsi sul web anche cinque copioni autentici. Chi ama le anticipazioni, potrà quindi leggere i copioni di Deep Breath, scritto da Steven Moffat, di Into the Dalek di Phil Ford, di Robots of Sherwood ideato da Mark Gatiss, di Listen firmato ancora una volta da Moffat, e di Time Heist creato da Steve Thompson. Noi, invece, preferiamo conservare l’effetto sorpresa.
7.Sembra che Jenna Coleman lascerà la serie alla fine dell’ottava stagione, durante lo Speciale di Natale. Il giornale inglese Mirror riporta alcuni rumors da parte di una fonte vicina alla produzione, che dichiarano la decisione della Coleman di lasciare lo show con l’episodio speciale natalizio. “È stata una decisone reciproca. È importante mantenere il ritmo della serie movimentato e veloce, e il momento sta iniziando ad essere adatto e la sensazione è che potrebbe essere una perfetta storyline per l’episodio di Natale.” Il personaggio di Clara era comparso nel 2012 in modo decisamente misterioso e solo l’ultima stagione ha permesso di scoprire le sue origini e la sua storia, esaurendo, forse, la linea evolutiva del personaggio. La notizia smorza un po’ gli entusiasmi dell’imminente ritorno di Doctor Who e devo ammettere che mi dispiace molto, dato che trovavo Clara una delle migliori compagne del Dottore, dai tempi di Rose (Billie Piper) e Donna (Catherine Tate).
8. L’ottava stagione non è ancora cominciata che già si pensa alla nona. Il nuovo ciclo di episodi andrà in onda nel 2015 e, in barba alla consueta programmazione delle BBC che divide le serie in due, tanto l’ottava che la nona proseguiranno senza interruzioni. Le riprese dei nuovi episodi sono partite proprio in questi giorni.
Oggi è sabato e per questo restiamo leggeri. Gironzolando sul web ho scoperto questo tag libresco, che consiste nel rispondere a delle domande attraverso i titoli dei libri. Proviamoci!
Un libro da leggere in sette giorni. Magari quando siete ancora in vacanza, se le ferie non finite e avete solo voglia di rilassarvi, o da spalmare lungo una settimana che si preannuncia impegnativa come quella del rientro. Poche pagine, 200 circa, e magari una storia non troppo complessa ma appassionante. Ammetto che qui avevo l’imbarazzo della scelta, ma spulciando tra i libri che ancora non vi ho consigliato ho pensato a questa storia d’amore, dolore, magia e pietanze prelibate. Una storia che vi commuoverà e dal sapore irresistibile. Dopo mettersi a dieta diverrà una necessità. Si parla di Dolce come il cioccolato di Laura Esquivel.
Anche quest’anno si sono tenuti gli Emmy Awards, gli Oscar della tv americana. Lunedì 25 agosto, a orari antelucani per noi italiani, è andata in onda la 66^ edizione dei premi più importanti per show, serie e film per la televisione a stelle e strisce. Sorprese? Novità? Poche. Ma tra vincitori e vinti, soddisfazioni e delusioni, l’eco degli Emmys, anche questa volta, è stato alto e le immagini della serata sono rimbalzate tra web e social, entusiasmando, chi in misura maggiore e chi in minore, gli animi di noi serial addicted.
Breaking Bad, la celebre serie di AMC con Bryan Cranston e Aaron Paul, ha letteralmente fatto jackpot, portandosi a casa ben sei premi, di quelli più pesanti: miglior serie drama, miglior attore protagonista di una serie drammatica (Bryan Cranston), miglior attore non protagonista (Aaron Paul), miglior attrice non protagonista (Anna Gunn) e migliore sceneggiatura. Per i fan della serie, gli Emmy di quest’anno sono stati l’ennesima consacrazione di uno show apprezzato in tutto il mondo, non solo dal pubblico ma anche dalla critica, pluripremiato e considerato una delle serie migliori degli ultimi anni, ed è dunque comprensibile l’entusiasmo con cui sono stati accolti.
Tuttavia, Bryan Cranston era stato premiato per ben tre volte in passato, così come Paul e la serie nel suo complesso, e in questo 2014 che ha visto True Detective come migliore serie indiscussa dell’anno, dispiace molto che lo show si sia dovuto “accontentare” del premio come migliore regia (straordinaria), quando era palese che il premio come miglior attore era tutto per Matthew McConaughey.
Stanchi e ripetitivi anche i premi alle serie comedy. Modern Family fa incetta di premi ancora una volta, portandosi a casa i premi per la miglior serie tv commedia, il miglior attore non protagonista in una serie tv commedia (Ty Burrell) e il premio per la miglior regia per una serie tv commedia. L’attore Jim Parsons, il mitico Sheldon di The Big Bang Theory, viene invece confermato nuovamente come miglior attore di una serie commedia per la quarta volta. E visto l’andamento delle ultime stagioni di TBBT, ci sembra un po’ troppo.
Questo tipo di premiazioni odia le novità e le sorprese, ma è davvero un peccato che alcune serie e diversi interpreti davvero meritevoli siamo completamente ignorati. Penso a serie come Orange is the New Black, per il quale l’unica ad aver vintoè Uzo Aduba, che interpreta “Crazy Eyes”, o ad attrici come Tatiana Maslany, semplicemente fantastica nella parte dei molti cloni di Orphan Black ma che l’Accademy ha snobbato non concedendole nemmeno una nomination.
Passando alle cose positive, sono molto contenta dei premi a Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, rispettivamente come miglior attore protagonista e attore non protagonista per la miniserie Sherlock. Loro sono bravissimi e l’unica cosa di cui posso lamentarmi è la loro assenza durante la serata. Mai una gioia per noi fan di Sherlock, costretti non solo ad aspettare eoni tra una stagione e l’altra, ma anche a non poter vedere i nostri beniamini partecipare a eventi del genere! #ingiustizie Sherlock ha vinto anche il premio come miglior sceneggiatura per una mini serie, con somma gioia del mefistotelico Moffat.
Pollice in su anche per il premio come miglior miniserie a Fargo, altra bella serie di quest’anno con Martin Freeman e Billy Bob Thorton, e alla bravissima Allison Janney che vince premio doppio per i suoi ruoli in Mom e Masters of Sex. Infine, Jessica Lange porta via con sé per il premio come miglior attrice protagonista di una miniserie per American Horror Story e bisogna dire che ci sta tutto, nonostante il capitolo Coven non sia stato così entusiasmante, lei è sempre Suprema.
Altro da dire? Bah. La serata non è stata delle più frizzanti, poche battute, interventi piuttosto laconici, nonostante Bryan Cranston, mattatore della serata, abbia dato un gran spettacolo.
Si salva l’intermezzo di Weird Al, un folle cantautore e comico che crea parodie di brani celebri, che per la serata aveva preparato un medley delle sigle più note reinventate in chiave umoristica, con la collaborazione di Andy Samberg vestito per l’occasione da Joffrey. Il gioco ha visto coinvolto anche il grassone malefico G. R. R. Martin, presente all’evento, incoraggiandolo a darsi una mossa e a portare a termine i libri da cui è tratta Game of Thrones, con tanto di macchina da scrivere e ritornello “Type George, type as fast as you can”. Anche se, guardando faccia sorniona di Martin, mi sa che l’appello non ha avuto l’effetto sperato.
Infine, qualche lacrima ci è scesa con il ricordo di Billy Crystal– ma quanto è invecchiato? – all’amico Robin Williams, un discorso toccante che rende più difficile accettare il vuoto lasciato dall’artista.
Cosa resta, dunque? Che domande. Ora è tempo di assegnare i miei premi! Diamo il via al red carpet rosso fragola e vediamo come si sono imbellettate le nostre celebrities preferite.
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Best Dress Award
Lo vince January Jones, la Betty Draper di Mad Men, che ha incantato tutti con uno stile raffinato ed elegante, ma con un punta aggressive che dà mordente all’intero outfit. Il suo abito è rosso e a gonna larga, firmato Prabal Gurung, è abbinato a stiletto Louboutin stringati di pelle nera. Completano il look un raccolto con frangia sbarazzina e un rossetto rosso perfettamente in tinta. Perfetta.
Il red carpet degli Emmys 2014 è stato contrassegnato dal colore: rosso, arancio, giallo, aragosta, ma anche verde e blu. Tra gli abiti color più belli della serata, spicca il corto blu di Julia Roberts, firmato Elie Saab Couture. Forse qualche bolla di troppo ma la sua mise porta una ventata di novità!
Se il nero è stato lasciato nell’armadio, Lizzie Caplan rimedia con un abito dal lungo strascico in bianco e nero. La protagonista di Masters of Sex ha sfilato sul tappeto rosso con una bellissima creazione di Donna Karan Atelier, ipnotizzando grazie alla profonda scollatura sulla schiena.
La giovane Sarah Hyland, star di Modern Family, non è più tanto teen, ma il look sbarazzino che le dà questo abito crop top– principale tendenza di quest’anno - è tra i più belli visti agli Emmys. Fresco e vivace senza tradire lo spirito della serata, brava!
Non ci credevo nemmeno io, ma qui il premio lo vince Gwen Stefani. A stento l’ho riconosciuta, nel suo biondo platino e i capelli ultra lisci. Bello anche il make up, con uno smokey azzurro ghiaccio illuminato dai glitter. Non ci sono dubbi, è la migliore.
Ho molto apprezzato anche Claire Danes (anche lei in rosso Givenchy), la bravissima Carrie di Homeland, con il suo raccolto intrecciato e un po’ spettinato di sicuro effetto, e – udite udite – la cresta lilla di Kelly Osbourne, davvero molto cool.
Kerry Washington, protagonista di Scandal, si becca il premio per il peggior vestito. Eccetto che per il colore, un arancione molto attuale, l’abito (Prada) non le rende giustizia ma, anzi, mette in evidenza tutti i difetti dell’attrice, la quale non appare ancora al 100% dopo la nascita della sua bambina lo scorso aprile. Che scandalo!
Insufficiente anche Christina Hendricks, la Joan di Mad Men, che ha deciso per l’occasione di indossare il tendone di un circo. L’abito (Marchesa) è opulento e barocco, di un rosso che fa a pugni con i suoi capelli e un drappeggio di sicuro d’effetto, ma che sul suo fisico giunonico è decisamente troppo.
Se c’è una cosa che bisogna apprezzare di Lena Dunhamè il coraggio e, soprattutto, il modo sprezzante e menefreghista con cui affronta il grande circo mediatico. Camicia rosa baby, gonna a meringa sfumata e via agli Emmy Awards. Per non parlare del caschetto biondo che neanche la Carrà dei tempi d’oro. Che dire: vai così Lena, sei grande!
E con la sagra dell’ormone (che lo so che a noi ragazze fa sempre piacere) si chiudono i miei Emmy Awards per quest’anno. Alla prossima edizione e nel frattempo prepariamoci: la nuova stagione televisiva sta arrivando!
Dopo la pausa estiva, questa volta si fa un bel sum up dei mesi di luglio e agosto. Scopriamolo insieme.
I libri di luglio e agosto
Estate pigra, molto pigra. Letto poco, anche se devo dire che ho letto molto bene. L’unico grande rammaricoè quello di non essere riuscita a portare avanti il GdL su I fratelli Karamazov che era partito a giugno. Per un po’ sono riuscita a seguire le tappe, ma poi mi sono persa e bloccata del tutto. Che dire, forse non era il momento giusto per Dostoevskij. Le altre partecipanti, tutte bravissime, sono invece arrivate fino in fondo e presto vi lascerò i link ai loro post e recensioni. Brave tutte e spero di tornare presto, carica come non mai, con un nuovo gruppo di lettura, a cui spero parteciperete in tanti.
Per il resto, ecco le mie letture estive:
. A sud del confine a ovest del sole, di Murakami Haruki. I libri di Murakami per me sono sempre un meraviglioso mistero. Visionari e onirici, lasciano al lettore il compito di trovare la strada adatta a lui per comprendere la storia che viene narrata. A sud del confine a ovest del sole, pubblicato pe la prima volta nel 1992 e tornato in libreria solo ultimamente, è forse uno dei libri del Maestro in cui è più forte questa sensazione e più urgente tale compito. Il protagonista Hajime racconta la sua storia, le sue passioni, i timori e i desideri e noi cerchiamo la chiave che possa condurci a lui e che avvicini le nostre esperienze alle sue. Il risultato è stupefacente e, a fine lettura, si resta con la percezione di una rivelazione di cui non ce ne rendevamo conto, ma della quale ora non potremmo farne a meno. Un libro sull'amore, il desiderio, il sogno e la drammatica inesorabilità del reale, A sud del confine a ovest del sole è uno dei libri più intensi e malinconici di Murakami, sicuramente uno dei più belli.
. Il trono di spade. Il dominio della Regina - L'ombra della Profezia, di G. R. R. Martin. Continua la lettura delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Sto dilazionando nel tempo i super-volumi nati dalla penna del ciccione malefico scrittore fantasy più amato e odiato degli ultimi anni, perché so che a breve rimarrò senza più pagine da leggere, in attesa che Martin si degni di pubblicare il sesto libro. La vedo dura, ma non si sa mai, intanto ho ancora il quinto che mi aspetta e quest’estate mi hanno fatto compagnia le 800 pagine del quarto volume. Che dire di questo volume numero quattro? Bello, come sempre, ma un po' al di sotto degli altri. Anche qui incontriamo tantissimi personaggi, forse anche troppi, tanto che Martin decide di dare spazio a POV estemporanei e che molto probabilmente non torneranno mai più, lasciandone altri "fissi" per il volume successivo. Questa divisione mi puzza un po’ di marketing e non soddisfa completamente chi come me ha imparato ad amare alcuni personaggi e non vede l’ora di ritrovarli di libro in libro. Non nego, però, che il focus su ciò che succede ad Approdo del Re e nell'Occidente sia stato utile per fare un attimo il punto, visto la dimensione enorme e particolarmente intricata che raggiunto l’intreccio. Infine, nonostante la narrazione sia più lenta e succedano meno cose "succulente", non mancano i colpi di scena, morti a ogni piè sospinto e tanti sentimenti sparsi in lungo e largo. Il libro si riprende al meglio verso gli ultimi capitoli e quello che capita a Cersei me lo sono proprio goduto. Non vedo l’ora di leggere il seguito!
. Stoner, di J. Williams. Bello, bello, bello. Un libro bellissimo, che emoziona e commuove e lascia gli occhi e il cuore pieni di meraviglia. Non voglio dilungarmi, al più presto la recensione qui su UFG!
Acqusiti & co. Estate magra anche in fatto di acquisti libreschi. D’altronde, con tutti i non letti che fanno capolino a ogni angolo, mi sembra giusto frenare i miei attentati al portafogli ogni volta che entro in libreria. Non ho saputo resistere, però, al comprare L’ultimo ballo di Charlot di Fabio Stassi, di cui avevo letto un gran bene in alcuni dei vostri blog e che ho cominciato proprio questo weekend, e Una cosa piccola che sta per esplodere di Paolo Cognetti, preso sull’onda dell’entusiasmo per Sofia si veste sempre di nero. Sono stata brava, vero?
La velleità femminile del mese
Luglio era iniziato all’insegna dei saldi, ma in tutta sincerità, non me li sono goduti come negli anni passati. Troppa gente, troppo caldo e puntualmente le cose che mi piacevano di più non erano assolutamente in saldo ma a un prezzo pieno da panico. Ciò di cui vado più fiera, quindi, sono le mie ballerine e la mia borsa gialla. Amate subito, acquistate con altrettanta velocità.
Per il reparto make-up, qui mi sono tolta lo sfizio di comprare un rossetto MAC, che ancora mi mancava. Ho deciso per Diva, guardando all’autunno e perché è uno di quei colori che non avevo mai avuto ma che volevo, un borgogna matte, con tanto di matita per labbra abbinata (Vino). Da Kiko, invece, ho approfittato dei saldi e ho preso l’ombretto in crema Colour Shock numero 102, ovvero un bel Revolutionary Bugundy. Si tratta di un prodotto versatile, si può usare come ombretto ma anche come eyeliner se applicato con l’apposito pennellino. Con questi colori si percepiscono già le prime impressioni di settembre, non trovate?
In vacanza nella mia Puglia, decidiamo di partire alla volta di Alberobello. Nonostante sia pugliese, io nel paese dei trullinon ci ero mai stata. E quello che ho visto mi ha lasciato piacevolmente meravigliata. Situata al centro della Valle d’Itria, Alberobello è famosa per le sue tipiche abitazioni a forma conica chiamate trulli. Questo tipo di costruzioni, che si possono incontrare un po’ ovunque nella valle d’Itria e che fungono da abitazioni ancora oggi, vanta una tradizione che risale all’età del bronzo, nonostante non esistano trulli particolarmente antichi, per la consuetudine di demolire e costruire dal nuovo anziché restaurare il vecchio, ma la loro portata culturale e storica ha fatto sì che i trulli di Alberobello, nel 1996, divenissero Patrimonio dell’Unesco.
Per quanto la zona sia piena di turisti da star male, specialmente d’estate sotto il sole cocente, camminare alla scoperta del centro storico è un’esperienza affascinante, che rilascia sensazioni piacevoli e piccoli ma indimenticabili moti di meraviglia. Sarò sentimentale, ma esperienze come queste mi rimettono in pace con le mie radici, la mia terra, il mio passato e persino il mio futuro. Essere testimoni di qualcosa di unico, di una bellezza che trae forza dalla sua storia, dal territorio in cui nasce e dalla magnificenza dello scorrere del tempo regala benessere e felicità, da custodire e portare con sé nei giorni difficili e grigi.
Una bella giornata di sole alla scoperta dei trulli e della loro storia. Abbiamo scoperto il significato di alcuni dei tipici simboli che decorano il tetto di queste abitazioni; abbiamo visitato la Chiesa trullo di S. Antonio, costruita da uno degli ultimi mastri trullari; siamo saliti in cima a un trullo per ammirare lo splendido e irripetibile paesaggio che ci circondava; abbiamo salito e sceso scale e stradine, gustando granite e comprando souvenir, ci siamo, infine, seduti all’ombra del Trullo Sovrano, assaporando quell’essenza di gioia che rende bella la vita.
Non so se avete visto Gomorra – La serie, di cui non smetterò mai di consigliarvi la visione. E non so se conoscete The Jackal, partiti da Youtube e destinati a conquistare il mondo con i loro irresistibili video. Ma di sicuro nella home di Facebook vi sarà capitato di vedere almeno uno dei due video intitolati “gli effetti di GOMORRA LA SERIE sulla gente”. Riprendendo frasi cult, linguaggi e mosse della serie, il team di videomaker napoletani ha realizzato due divertentissimi video parodia nel loro inconfondibile stile. In poco tempo, frasi come “Sta’ senza pensier” o “Deux frittur” sono diventati dei tormentoni e il lavoro di The Jackal è stato apprezzato anche da Roberto Saviano, che ha postato i video sulla sua pagina Facebook. Il secondo video vede anche la partecipazione come Guest Star di Salvatore Esposito, l’attore che interpreta Genny nella serie tv. Io rotolo dalle risate ogni singola volta. Adoro.
La musica che mi frulla in testa
Quest’anno ci si è lamentati della mancanza di un vero e proprio tormentone estivo. Roba da non dormirci la notte, eh. Il risultato è stato un mix di canzoni tra le più varie e a ognuna è andata la nostra preferenza, a volte anche a più di una. Spulciando sulla chart di Spotify, quindi, ho scelto le tre canzoni che ho ascoltato di più negli ultimi due mesi, naturalmente tra le hit più recenti.
Al 3° posto troviamo Kiesza con Hideaway, che spacca e il video, coloratissimo e molto urban, è davvero figo.
Al 2° posto ci sono i Magic! con Rude. Il testo racconta di questo innamorato che si rivolge non alla ragazza, bensì al padre di lei. Con buona pace della figura del cantante anticonformista e maledetto. Il brano, però, è molto orecchiabile, catchy, con quelle sonorità pop e reggae che la rendono la canzone ideale per lenti e piacevoli momenti chill out.
Al 1° posto infine, non potevano che esserci loro, i Coldplay, con A Sky Full of Stars che, complice un video in cui Chris Martin e soci si aggirano per le strade della città come saltimbanchi e artisti di strada portatori di felicità, è la perfetta canzone estiva.
Non sono una grande fan dei premi, ma i Nobel non ci lasciano mai indifferenti. Soprattutto quando realizzi che hai letto sempre troppo poco degli scrittori e scrittrici che ogni anno vengono premiati con tale onorificenza. Qualche tempo fa, su aNobii, partecipai alla Sfida dei Nobel e grazie ad essa ho scoperto molti titoli interessanti, alcuni dei quali sono stati già consigliati in questa rubrica. Tra i non ancora citati, invece, spuntava uno dei libri più difficili da leggere ma anche da dimenticare che abbia mai incontrato. Perché la storia che il premio Nobel José Saramago ci vuole raccontare è una storia che ci riguarda tutti e mette lì, davanti agli occhi di ognuno di noi, i fatti nudi e crudi. La nostra società viene portata all'estremo attraverso un'incredibile ed orribile malattia, una cecità bianca, contagiosa che colpisce tutti. E che non fa altro che amplificare i mali di cui soffre la comunità umana odierna. Denuncia dell'indifferenza dell'uomo e della mancanza di solidarietà che ormai ci contraddistingue, Cecitàè un libro che dovremmo leggere tutti per capire che la società in cui viviamo, in questo buio della ragione che ci porta all'odio e alla violenza verso l'altro. Attenzione a chi intraprende questa lettura: ci vuole un po’ di stomaco forte e molta, tanta, testa.
Premessa: questa molto probabilmente non sarà la recensione più originale fatta su Stoner di John Williams. Tuttavia, non credo che potrei scrivere qualcosa di diverso da una recensione positiva ed entusiasta su uno dei libri evento degli ultimi anni, in barba al fatto che Stoner ha quasi 50 anni. Perché Stoner è così, un libro che non ti aspetti, che non ti aspetti così bello.
Titolo: Stoner Autore: John Williams Anno: 2012 Editore: Fazi Editore Pagine: 334 ISBN 9788864112367
William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato in Filosofia e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956. Non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido. Quando morì, i colleghi donarono alla biblioteca dell’università un manoscritto medievale, in segno di ricordo. Il manoscritto si trova ancora oggi nella sezione dei "Libri rari", con la dedica: «Donato alla Biblioteca dell’Università del Missouri in memoria di William Stoner, dipartimento di Inglese. I suoi colleghi»
La storia di William Stonerè tutto fuorché sensazionale, apparentemente inutile da raccontare. Il giovane Stoner, dopo un’infanzia passata in campagna con i genitori, si iscrive per volere del padre all’università, dove conosce il piacere della lettura e l’appagamento spirituale che la conoscenza e la sete di essa sanno dare. Una trasformazione radicale per il giovane Stoner, eppure che passa quasi inosservata, giusto un moto di sorpresa, molto contenuta, da parte degli impassibili genitori, ai quali il lavoro dei campi ha tolto qualsiasi espressività e forza vitale, eccetto che per una tenace convinzione pseudo-calvinista secondo cui la vita è sofferenza e sopportazione. Dopo la laurea, Stoner abbraccia la vita accademica, che gli calza come un guanto, come condizione innata della sua persona, eppure, anche in questo caso, tutto avviene con poco rumore: nessun riconoscimento particolare, nessun discorso toccante o lezioni memorabili, ma in compenso difficoltà, ostracismo da parte di quel collega che diventa la sua “nemesi”, un pacato affetto dai suoi alunni, i quali riconoscono la sua bravura e preparazione ma non riescono mai realmente a raggiungerlo nella sua posizione di accademico quasi totalmente ignaro del mondo che gira al di fuori delle mura dell’università. Stoner si sposa con una donna dalle difficili capacità di interazione con il mondo e vive un matrimonio infelice per ben 40 anni senza mai ribellarsi; ha una figlia che ama molto ma che non riesce a tenere legata a sé; nella sua intera vita considererà come veri amici solo i due giovani colleghi di studi Dave e Gordon, uno dei quali morto in guerra e per gli anni a venire teneramente compianto; ha una relazione con una donna che lo completa, ma il loro amore si rivela ben presto un sogno dolcissimo e impossibile. Il mondo di Stoner si racchiude tutto in questa sfera, delle stesse dimensioni del perimetro dell’Università del Missouri, ma che, in realtà, svela una profondità di gran lunga maggiore, che rispecchia la meravigliosa natura racchiusa nel nostro protagonista.
Ed è proprio questa natura a trovare linfa vitale nello stile di Williams. Una scrittura di qualità, alta, ma senza essere supponente e irraggiungibile. La linearità e la chiarezza con cui Williams racconta la vita di Stoner è un piacere per il lettore, che si sente guidato con eleganza e leggiadria nel mondo del protagonista, aiutato e incoraggiato a sondare ogni singolo aspetto del suo animo, anche quello più oscuro e impenetrabile. Ne sono testimoni le pagine in cui l’anima di Stoner sembra trasmigrare da una realtà che lo isola e lo delude – un momento difficile nella vita del protagonista, senza amore e senza particolari prospettive future – per toccare vette che solo il suo ricco IO interiore sembra regalargli. Pagine di poesia dal sapore agrodolce, forse tra le più rappresentative di un personaggio che fa della “normalità” il vessillo di un’esistenza straordinariamente piena di emozioni e suggestioni, rivelandosi pienamente degna di essere raccontata attraverso la forma del romanzo.
Williams realizza, con la sua scrittura aggraziata e precisa ma allo stesso tempo calda e viva, il ritratto dell’uomo di lettere per eccellenza, colui che sa trovare conforto nella parola scritta e nei libri che lentamente si accumulano nel suo studio con il passare degli anni, senza curarsi troppo degli uomini e le loro beghe. Semplice, allora, per un amante delle lettere, per un lettore, riflettersi in diversi suoi modi e atteggiamenti, emozionarsi di fronte al suo tramutarsi da bruco in farfalla dopo la lettura del fatidico sonetto di Shakespeare, comprendere e condividere il desiderio di avere dei libri da toccare accanto al suo letto durante la malattia. Ci si affeziona a Stoner e inevitabilmente ci commuoviamo per lui, per il suo essere un uomo del suo tempo eppure al tempo stesso così lontano dai suoi contemporanei. Perché nel suo apparire inerte, nella sua rassegnazione colpevole, che non sempre il lettore capisce e accetta – come, ad esempio, nel suo rapporto con la figlia, lasciata in balia di se stessa nel timore di nuocerle, o nella rinuncia passiva all’amore della sua vita – si nasconde una forza sorprendente, una lotta ben più ardua di quella compiuta da chi si arruola per andare in guerra o da chi decide di “farsi la guerra” tra le mura domestiche o nelle aule di un ateneo, quella che si svolge in una dimensione tutta interiore, che si sviluppa nella mente in continuo movimento di Stoner e che trova come unico sfogo esterno lo scontro continuo con il collega e “nemico” Lomax, giungendo, infine, al suo epilogo alla morte del protagonista, quando la mano di Stoner lascia andare il suo libro, che suo non è più. Una sorta di passaggio di testimone, da personaggio a lettore, un atto liberatorio che racchiude l’essenza stessa della vita di Stoner e il senso ultimo del lavoro di scrittore di Williams.
Stonerè un libro che racconta di una vita normale solo all’apparenza. Perché, scostando lentamente la cortina, ecco tramutarsi in un’avventura che ama fingersi timida per poi trasmettere una potenza espressiva ed emozionale unica, silente, essenziale e meravigliosa, da custodire gelosamente con cura una volta giunti all’ultima riga.
Stoner è un libro dagli equilibri perfetti, che dosa sapientemente delicatezza ed energia, poesia e realismo, capace di scivolare leggero davanti ai nostri occhi e, allo stesso tempo, rendersi indelebile nel cuore di ogni suo lettore.
L’autore
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John Edward Williams (1922-1994), nato in Texas da una famiglia di contadini, partecipò alla seconda guerra mondiale in India e Birmania. Al suo rientro si trasferì a Denver, in Colorado, dove rimase tutta la vita insegnando all’Università. Oltre a Stoner è autore di tre romanzi: Nothing but the night(1948), Butcher’s Crossing (1960, di prossima pubblicazione da Fazi Editore) e Augustus (Castelvecchi, 2010), vincitore del National Book Award.
Frasi
> Vagava per i corridoi della biblioteca dell'università, in mezzo a migliaia di libri, inalando l'odore stantio del cuoio e della tela delle vecchie pagine, come se fosse un incenso esotico.Image may be NSFW. Clik here to view.
> Mentre la sua mente era impegnata in quegli argomenti e si confrontava con il potere della letteratura cercando di comprenderne la vera natura, avvertiva un continuo cambiamento: e come se ne fosse consapevole, usciva da se stesso entrando nel mondo che lo conteneva e comprendeva così che la poesia di Milton, o il saggio di Bacon, o la commedia di Ben Johnson che stava leggendo cambiavano il mondo che avevano per oggetto, e lo cambiavano in virtù della loro dipendenza da esso.
> Perché ti aspetti sempre che il mondo sia qualcosa che non è, qualcosa che non vuole essere.
> L’amore per la letteratura, per il linguaggio, per il mistero della mente e del cuore che si rivelano in quella minuta, strana e imprevedibile combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta, l’amore che aveva sempre nascosto come se fosse illecito e pericoloso, cominciò a esprimersi dapprima in modo incerto, poi con coraggio sempre maggiore. Infine con orgoglio.
> A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra.
> Bisogna innamorarsi, per capire un po’ come si è fatti.
Con il mese di settembre, arriva anche uno dei momenti più attesi dell’anno, in grado di risollevare un po’ l’umore altrimenti pessimo del rientro. La stagione televisiva 2014/2015 sta per cominciare e con essa tutte le nostre serie televisive preferite. Settembre e ottobre sono un proliferare di season premiere, tra serie riconfermate, veterane e nuovi arrivati. E allora, come da tradizione, meglio tenersi pronti e prepararsi il calendario. L’impressione è che anche quest’anno, ne vedremo delle belle!
(Per il calendario in versione originale, clicca QUI)
ATTENZIONE: in questo post mi dedicherò alle serie che seguo. Per le novità pubblicherò a breve un post tutto dedicato a loro.
New Girl
Tra alti e bassi, New Girl arriva alla quarta stagione. Una stagione che avrà bisogno di una una scossa vigorosa, visto la stanchezza che la terza season ha dimostrato per tutto l’anno scorso deludendo tutti i fan della serie. New Girl ci prova con una premiere che introduce la prima guest star di quest’anno: Jessica Biel. L’attrice, che tutti ricordiamo nelle nostre visione domenicali di Settimo Cielo, in New Girl sarà una scienziata sexy che entrerà in competizione con Jess per conquistare un ragazzo molto carino. La soluzione guest star non appare né originale, né nuova allo show e temo fortemente che non porti particolare cambiamenti alla serie. Vogliamo, però, essere ottimisti: Damon Wayans, il burbero Coach, è entrate a far parte del cast regolare e meno male, lui è l’unico che qualche risata è riuscito a strapparcela nella scorsa stagione. Sembra, inoltre, che gli autori, abbiano messo un punto alla disastrosa love story tra Jess e Nick, e vogliano riportare lo show alle basi, a quella leggerezza iniziale che era la sua vera forza. Non ci resta che sperare per il meglio e attendere il 16 settembre per la nuova quarta stagione.
Domenica 21 settembre tirate fuori il servizio buono: Downton Abbey torna con la quinta stagione. Anche quest’anno la serie sarà ambientata nei ruggenti anni ‘20, un’epoca di sicura ispirazione per Julian Fellowes, autore dello show, e capace di movimentare la vita fin troppo tranquilla a Downton. Sembra, inoltre, che quest’anno la serie prenderà un tono più comico e romantico dello scorso anno, quando, dopo la morte di Matthew, si erano susseguiti una serie di eventi difficili come l’aggressione di Anna, la perdita del bambino di Cora o la gravidanza di Edith. Come sempre, la serie alternerà le storie dei piani alti con quelli dei piani bassi: Anna e Bates dovranno ancora superare le conseguenze dell’aggressione, mentre per Carson e Mrs Hughes potrebbe esserci una virata romantica alla loro decennale amicizia; intanto, Tom si troverà ancora di più coinvolto negli eventi storici dell’epoca, con il primo governo socialista della storia inglese, infine, Mary sarà anche questa volta contornata da spasimanti e gentiluomini perdutamente innamorati di lei. Se nella scorsa stagione autori e produttori avevano deciso di lasciare tutto in sospeso e dare a Mary il tempo per elaborare il lutto per Matthew, quest’anno le cose potrebbero andare diversamente e Mary potrebbe finalmente scegliere uno dei suoi contendenti. Non resta che da chiedersi se sarà Tony o Charles? Nuova storyline anche per Lady Violet e siamo sicuri che Maggie Smith saprà incantarci ancora una volta con la sua incommensurabile bravura. Tane buone notizie, insomma, ma attenzione: pare che Fellowes stia progettando di chiudere la serie, ma non è ancora chiaro se l’ultima stagione sarà proprio la quinta tra poco in onda o se ci sarà anche una sesta. Quel che certo è che Fellowes non desidera prolungare troppo la storia e non arrivare certo alla decima stagione di Downton Abbey, soprattutto ora che i suoi pensieri sono tutti per The Gilded Age, nuova serie ambientata nella seconda metà dell’Ottocento. In attesa di sapere quale sarà il futuro del nostro period drama preferito, scacciamo via le preoccupazioni e godiamoci il ritorno a The Abbey.
Ottava stagione per la comedy più nerd della tv. Dopo il contratto milionario di quest’estate, Leonard, Penny e Sheldon si apprestano a farci divertire con le lor avventure anche nella prossima stagione televisiva. Le novità quest’anno non mancheranno, a partire proprio dal personaggio di Penny. L’immagine che circola in queste settimane ci mostra una Penny dal taglio corto e in versione donna in carriera. Pare, infatti, che Penny metterà da parte la recitazione e troverà lavoro come rappresentante farmaceutica per l’azienda in cui lavora Bernadette e questo migliorerà non solo la sua autostima, ma anche il rapporto con Leonard. Sheldon, intanto, dovrà vedersela con l’ira di Amy, piuttosto offesa non solo per il suo viaggio in solitaria, ma soprattutto per aver pensato a Leonard e non a lei in un momento di difficoltà. Raji ruscirà a tenersi stretto la sua Emily, che conosceremo meglio, e se speravate nell’arrivo di un bebè rimarrete delusi: nessun bambino, per il momento, per la coppia Howard e Bernadette. L’appuntamento è per il 22 settembre.
La serie con James Spader è stata confermata per una seconda stagione, in onda dal 22 settembre, e ne siamo molto contenti. Sì, perché la prima stagione ci ha lasciato con un grande interrogativo: chi è avvero Reddington e qual è il rapporto tra lui ed Elizabeth? Tutti abbiamo puntato sulla paternità di Red, ma la speranza è che ci sia qualcosa di più di un semplice rapporto padre-figlia. In questa seconda stagione avremo modo di scoprire qualcosa di più su Red e il suo passato, mentre Elizabeth continuerà a leccarsi le ferite dopo lo smascheramento del marito Tom– sarà ancora vivo? – e si spera lo faccia con qualche dote attoriale in più. Sempre a proposito dell’agente Keen, si vocifera di un possibile love affair con il biondo agente Ressler. E poi Berlin che fine avrà fatto? Per tutte queste domande, c’è solo una cosa da fare: seguire la blacklist di Reddington e vedere dove andrà a finire!
Probabilmente questo è il primo anno che non sono in trepidante attesa dell’inizio di GA. Sarà che l’addio di Cristina ha fatto così tanto “fine di un’epoca” che andare avanti mi pare inutile, sarà che l’idea di rimanere soli con Meredith non entusiasma nessuno, soprattutto se, da come s legge in giro, c’è una crisi imminente e corrosiva tra lei e Dottor Stranamore Derek. Roba che se fossi Alex starei attento, che quella di sicuro ricorrerà a una delle sue grandi spalle per piangere. Meno male Alex, comunque. Perché questa stagione Meredith-centrica potrebbe rivelarsi il colpo fatale a una serie che è ormai più un guilty pleasure che altro. Oltre a quella piagnona di Meredith, si indagherà anche sull’ennesima sorellastra Meggie, della cui presenza sono contenta solo perché finalmente Webber potrà essere il padre che ha sempre voluto diventare. Infine, non mancherà una nuova dottoressa e una guest star, ovvero, da The Americans con furore, Annet Mahendru, la quale interpreterà la parente di una paziente. Serve altro? No, tanto ci basta per farci trovare sul divano il 25 settembre.
Once Upon a Time
La prossima stagione di OUAT, in partenza il 28 settembre, porterà un bel po’ di gelo alle nostre serate. Abbiamo lasciato Elsa di Frozen spuntare fuori dal vaso di pandora nell’ultima scena della scorsa stagione. In questo quarto ciclo, conosceremo meglio il nuovo nemico, che sarà interpretato da Etta Bishop, e tutta la sua band: Anna e Kristoff, interpretati da Scott Michael Foster ed Elizabeth Lail saranno, infatti, parte del cast ricorrente della serie. Pare, inoltre, che Emma abbia già conosciuto Elsa in tempi non sospetti, ma questo non sarà l’unico suo problema. La Salvatrice dovrà anche affrontare la sua relazione con Hook, una roba mica facile. Entrambi con un pessimo carattere, sarà dura per loro vivere una storia d’amore normale: da una parte Emma è sempre molto spaventata dai rapporti, dall’altra il pirata non sa nemmeno cosa sia una relazione. Inoltre, Emma avrà dei forti sensi di colpa nei confronti di Regina per aver riportato con sé Mariam e messo fine all’amore tra lei e Robin Hood, particolare che mi ha letteralmente spezzato il cuore. Ora, spero solo che Regina torni cattiva e si vendichi un po’, altrimenti non c’è gusto. Hook, intanto, cerca di creare un rapporto con David/Charming, ma non sembra la cosa gli riesca benissimo. Per consolarsi, il nostro capitano farà un restyling completo e comincerà a indossare abiti più moderni, non senza qualche difficoltà ma per la felicità di tutte noi fan, anche se lui mi piacerebbe con ogni outfit. Sagra dell’ormone always on, lo so. Sul fronte Belle-Rumple, i due tornano dalla luna di miele e scopriamo un po’ di più sul passato di Belle, incontreremo persino sua madre. Insomma, carrambate varie. Mary Margareth/Snow, infine, avrà il suo bel da fare con il pargolo, pur trovando comunque il tempo per continuare a lagnarsi su come si sente in colpa per non essere stata una madre modello con Emma. Fattene una ragione Snow. E niente, io non riesco a essere seria quando parlo di OUAT, la cosa mi diverte parecchio e mi sa che non mi perdo neanche questa quarta stagione.
Brooklyn Nine Nine
Se vi siete persi la prima stagione di Brooklyn Nine Nine, correte ai ripari. Una delle comedy migliori della scorsa stagione, forse la migliore, giunge alla sua scoppiettante seconda stagione dopo aver vinto due Golden Globe e aver avuto due nomination agli Emmys, mica patate. Abbiamo lasciato il detective Peralta in missione sotto copertura e in queste nuova season potrebbe ricevere un aiuto da un nuovo personaggio in arrivo nella serie, mentre nulla si sa sugli sviluppi tra lui e Santiago. Charles, intanto, dovrà affrontare le conseguenze e gli effetti dopo la notte passata con la mitica Gina. Insomma, non ve la faccio lunga, il 28 settembre torna il distretto di polizia più divertente della tv e non possiamo perdercela!
Revenge
Grande ritorno anche per la soap opera serie più vendicativa in circolazione. La terza stagione era finita “con il botto”: Victoria rinchiusa in un ospedale psichiatrico e Conrad ucciso da nientepopòdimenoche il redivivo David Clark. Colpo di scena degno del miglior copione di Beautiful. E ora che succederà? Sembra che i ruoli quest’anno si invertiranno: la nostra Vicky, che apparirà molto cambiata in seguito alla sua permanenza in manicomio, medita vendetta nei confronti di Emily, promettendo di fargliela pagare cara. Prospettive stravolte, dunque, e mentre Victoria affila le unghie, Ems affronterà la “resurrezione” del padre e sarà costretta a rivedere le sue priorità. Anche Daniel vivrà un periodo di cambiamenti, rifletterà sulla morte del padre e pare diventerà addirittura un personaggio cruciale per la storia. Sarà, ma a me Aiden manca già e confido molto in Nolan. Ma Jack, poi, uscirà dalla prigione? E Charlotte cambierà taglio di capelli anche quest’anno? Questi misteri e molto altro dal 28 settembre sui vostri schermi.
Quarta stagione anche per Homeland, che quest’anno volta decisamente pagina. Dopo la sofferta morte di Brody – ci mancherai, sappilo! – Carrie e compagnia ripartono da zero, con una nuova storia e una nuova ambientazione. Restano i personaggi che amiamo, le relazioni incasinate e quel senso di ambiguità che pervade la serie. Se vi aspettavate una Carrie in versione materna, rimarrete delusi: Carrie apparirà nel ruolo per il quale è stata addestrata, ovvero un agente in un paese straniero, sei mesi dopo aver avuto il bambino, la cui localizzazione, però, non ci viene per il momento svelata. Carrie è operativa, dunque, precisamente in Afghanistan. La scelta è stata giustificata dagli autori con il desiderio di raccontare cosa sta succedendo in un Paese da cui l’America sta andando via. Carrie e le persone che lavorano con lei sono coloro che devono tenere tutto sotto controllo una volta che i militari vanno via. Insomma, anche questa volta Carrie dovrà violare le regole e destreggiarsi in un paese dalla situazione decisamente critica. Tuttavia, la vedremo più stabile che in passato, sebbene gestire il dolore della perdita di Brody non sarà facile, e ci crediamo. E una relazione con Quinn? Gli autori ammettono di averci giocato, ma Carrie non sembra ancora pronta per una nuova storia. Ritroveremo anche il vecchio Saul, ora nel settore privato e alle dipendenze di Carrie, in un’inversione di ruoli che si preannuncia molto interessante. Homeland torna il 5 settembre e non vediamo l’ora.
Ok, lo ammetto. Se si parla di Arrow, io mi esalto come una dodicenne. Ma non potrebbe essere altrimenti. Una delle novità più interessanti della terza stagione riguardano la coppiaOlicity– per i non addetti al fandom Oliver e Felicity. Felicityè andata in giro per buona parte della seconda stagione con scritto in faccia “Ti amo Oliver, anche se te la intendi con quella sciacquetta di Sara perché dici che non vuoi ferirmi, che è pericoloso starti vicino e le solite cavolate da supereroe, anche se mi dici che mi ami solo per farmi fare da esca con Slade, anche se dopo che abbiamo acchiappato il nemico numero uno tu mi dici rimaniamo amici” e, finalmente, sembra che Oliver se ne sia accorto. I due si avvicineranno molto nella prossima stagione e la situazione si farà piuttosto “calda”. Per questo, gli autori hanno deciso di aggiungere pepe alla storia introducendo un nuovo personaggio, Cooper, vecchia fiamma di Felicity ai tempi del MIT. Sì ok, ma io mi dico, ma Oliver questo Cooper se lo mangia a colazione… o no? Staremo a vedere. Altre novità? Sara Lance ha solo finto di andarsene via da Starling City, poiché il secondo episodio la vedrà di nuovo nel Team Arrow. E dato che i guai non vengono mai da soli, ora che la gatta morta di sua sorella Lauren ha scoperto la vera identità di Arrow, gironzolerà sempre più spesso attorno alla base operativa. Roy, intanto, superato l’incubo del Mirakuru, quest’anno diverrà la nuova spalla di Arrow e membro ufficiale del team, ma purtroppo Thea non se lo filerà più di tanto, presa ormai dal suo nuovo amore. La giovane Queen apparirà molto cambiata, dopo essere andata via con il padre Malcom, che ha intenzione di plasmare la figlia a sua immagine e somiglianza. Diggle, infine, si troverà ad affrontare una grande sfida: quella della paternità. Ma che tenerezza!!! Insomma, che fate, vi unite con me nell’entusiasmo generale per la nuova stagione di Arrow, in onda dal 8 ottobre?
American Horror Story
Quarta stagione per American Horror Story. Dopo la “Murder House”, il manicomio indemoniato e il covo di streghe, quest’anno lo show si sposta di nuovo nel tempo e nello spazio per approdare al 1952 in un circo, dove sembra che i mostri non siano del tutto finti. Un gruppo di turisti è appena arrivato sul posto e, proprio nello stesso momento, sembra che anche qualcos’altro sia giunto in città: una strana creatura molto pericolosa per gli abitanti del posto. La stagione tratterà, infatti, della sopravvivenza del circo in un periodo in cui le attenzioni e l’attrazione in generale sembrano essersi spostate verso la televisione. Freak Show, questo il nome del quarto capitolo di AHS, vedrà tra i protagonisti ancora una volta Kathy Bates nei panni della donna barbuta, Sarah Paulson sdoppiata nella parte delle gemelle siamesi e Angela Bassett come una donna con tre seni, tutte guidate da Jessica Lange, che questa volta interpreta un’espatriata tedesca che gestisce uno degli ultimi Freak Show in America. La speranza è che questo show di scherzi della natura riporti la serie agli standard della seconda stagione, drasticamente abbassati da Coven e i suoi alti e bassi narrativi. Tutti pronti, lo spettacolo inizia l’8 ottobre.
Quarta stagione anche per 2 Broke Girls, che quest’anno spostano la premiere a ottobre, precisamente il 27 ottobre. Rivedere le due ragazzacce sarà un grande piacere, anche se mi auguro che la quarta season sia molto più frizzante e divertente della terza, che non p andata così bene come le prime due. Questo sembra essere l’obiettivo degli autori dello show, che hanno chiamato in aiuto uno dei personaggi più inspiegabilmente famosi degli States come guest star: Kim Kardashian. Kim apparirà nella premiere della serie, probabilmente interpretando se stessa, e si unisce alla lunga lista di guest star che la serie avuto, come Martha Stewart e Lindsay Lohan. Per il resto, le due ragazze al verde quest’anno vivranno momenti decisivi per il il loro business dei cupcake e pare che il totale dei loro guadagni, che appare a ogni fine episodio, scenderà addirittura sotto lo zero! Ma le risate, ne sono certa, andranno a mille.
Non sono una gran fan delle biografie o delle bio-fiction. Eppure, nel corso della mia vita di lettrice, non ho potuto resistere al richiamo di alcuni di essi, soprattutto se riguardanti alcuni personaggi a me cari o che hanno sempre destato molta curiosità. Qualche anno fa mi capitò tra le mani questo romanzo in particolare: la Bartlett, da sempre conosciuta come scrittrice di polizieschi, questa volta ci racconta la storia di Nelly, domestica di una delle scrittrici più famose del ventesimo secolo, Virginia Woolf. L’immagine che ne risulta è qualcosa di insolito e inedito, quella di una donna conosciuta da tutti come progressista e femminista, ma in realtà “sconfitta” da un mondo che non sembra pronto alle sue idee così come lei non è mai stata pronta per quest’ultimo, l'immagine amara dell'intellettuale che vive di illusioni e ideologie ma che spesso non ha riscontro con la realtà, anzi la teme a tal punto da non voler più mettere in pratica ciò che crede. Storia di pura finzione che, nonostante tutto, semina germi di riflessione interessanti su una delle figura più importanti della letteratura moderna e della storia del femminismo mondiale. Il libro in questione è Una stanza tutta per gli altri di Alicia Gimenez-Bartlett.
Secondo appuntamento con il calendario seriale per l’autunno 2014, tutto dedicate alle serie novità in arrivo sui nostri schermi. Ho fatto una selezione, non ci sono tutti i titoli, ma solo quelli che attendo da qualche mese e di cui sono curiosa di vedere il pilot e come andrà a finire. Come sempre, la macchina dei telefilm sforna show a profusione, ma solo in pochi si salvano dal taglio di metà stagione e dalla cancellazione definitiva a maggio. Nel frattempo, mettiamoci comodi sul divano, si va in onda.
Probabilmente, insieme a The Flash, è la serie che attendo con più trepidazione. Di che parla Gotham? Il titolo è già abbastanza spoiler: siamo a Gotham City e un giovane commissario Gordon, nella sua lotta quotidiana al crimine, incontra un Bruce Wayne ancora bambino e appena orfano dei genitori, e tutta la serie di villain del futuro di Batman, da Catwoman a Poisin Ivy. Un prequel di Batman, con eroi e cattivi in versione baby, che si focalizzerà non solo sulla nascita dell’eroe pipistrello ma anche sulle origini dei suoi arcinemici: il Pinguino, Joker, l’Enigmista. La creazione di una serie all’interno dell’universo molto amato di Batman è di sicuro uno dei richiami più grandi, a cui fanno seguito sia la scelta dell’attore protagonista, ovvero Ben Mackenzie conosciuto dai più come il Ryan di The O.C., sia il nome dello showrunner della serie, vale a dire Bruno Heller, già creatore di The Mentalist. Da grande fan di Batman, non me la posso proprio perdere. La premiere è prevista per il 22 settembre.
Perché guardarla: perché amate Batman e il suo universo e provate un non ben precisato affetto per Mackenzie dai tempi di The O.C.
Perché non guardarla: perché temete che questa moda delle serie tv dedicate agli eroi dei fumetti possa avere un disastroso effetto boomerang.
Il prossimo 24 settembre ritorna anche Debra Messing, la Grace di Will & Grace, con una serie tutta incentrata su di lei. The mysteries of Lauraè il remake americano di una serie spagnola. E già qui sono sorti tutta una serie di dubbi. La serie racconta le avventure della detective Laura Diamond, un brillante poliziotto della sezione omicidi di New York, nel costante tentativo di combinare il suo lavoro con una vita familiare quanto mai eccentrica e animata: Laura, infatti, è anche madre di due gemelli e sta per divorziare dal marito, anche lui poliziotto. Le cose, inevitabilmente, si complicano quando il suo ex marito diventa il suo capo…
Perché guardarla: perché magari questa è la volta buona per Debra per scrollarsi di dosso la dicitura “quella di Will & Grace” e perché vi piacciono le serie crime che non si prendono troppo sul serio e gli episodi autoconclusivi, con un caso per volta e senza troppi cliffhanger.
Perché non guardarla: perché anche questa volta Debra Messing non riuscirà a togliersi l’etichetta di “quella di Will & Grace” e perché un crime che è anche un dramedy è un genere molto difficile che necessità di un’ottima scrittura per tenersi in piedi e non è questo il caso.
Di che parla Manhattan Love Story? Presto detto: la storia d’amore tra Peter e Dana, raccontata attraverso i loro pensieri sotto forma di monologo. Insomma, lui e lei, lei e lui, il mondo visto con gli occhi dei due, l’amore raccontato dalla prospettive di due innamorati, da cui emergono le differenze che esistono tra uomini e donne coinvolti in una medesima situazione. Dal 30 settembre.
Perché guardarla: perché vi piacciono le storie romantiche con un pizzico di ironia e siete di quelli che vorrebbero tanto sapere cosa passa per la testa di lui/lei in questo momento
Perché non guardarla: perché potrebbe essere un polpettone letale e anche poco originale
Selfie
La serie su Instagram e il mondo social. Selfie racconta la vita di Eliza Dooley, ossessionata dal desiderio di diventare un influencer, ovvero una delle star che sui social dettano legge e creano tendenze. Pubblica miliardi di selfie ed è più preoccupata della sua reputazione in rete che a tessere dei veri rapporti umani nel mondo reale. La situazione cambia quando Eliza si rende conto che è tempo di rimettersi in contatto con il mondo reale e le persone in carne e ossa.Assume così Henry, un guru che ha il compito di dare nuovo smalto all’immagine della donna, nella speranza di farle capire che c’è molto di più nella vita reale, che non giocare a Candy Crush sull’iPhone o stare tutto il giorno su Facebook. I protagonisti sono Karen Gillan, la Amelia Pond di Doctor Who, nei panni di Eliza Dooley, e John Cho, che di sicuro ricorderete in American Pie e che più recentemente avrete visto in Go On e Sleepy Hollow, che interpreta Henry Higenbottam. Il linguaggio della serie sarà quello tipico dei social network, volutamente esagerato. Dal 30 settembre.
Perché guardarla: per il tema decisamente attuale e di tendenza.
Perché non guardarla: probabilmente perché come me non sopportate Karen Gillan e per il rischio che la serie cada in un moralismo di cui non siamo assolutamente in cerca
La serie racconta la storia di Andrew e Zelda; lui è segretamente un romantico che non si vergogna a cantare Céline Dion mentre sta guidando per andare a lavoro, sogna ardentemente di trovare la sua anima gemella e la immagina proprio come quella bella ragazza che ha visto due anni fa a un concerto. Zelda è cresciuta con una mamma hippie convinta che l'universo risponde ai bisogni di tutti, si è ribellata a modo suo alle figure parentali, diventando una donna pragmatica, un avvocato che preferisce navigare i siti web dedicati a incontri romantici piuttosto che affidarsi al destino. Ma è proprio il destino a metterci lo zampino: grazie a un errore del database del sito che le da un match sbagliato, Zelda si reca per un'intervista al servizio di dating online che usa, dove Andrew lavora. Da lì comincia la loro storia, i due si incontrano e nonostante le loro differenze, l'attrazione si fa sentire subito. Lei pensa sia stato un capriccio del caso, lui pensa sia opera del fato ed è convinto che si tratti della stessa ragazza dal vestito argentato vista al concerto. Si tratta di vero amore o soltanto di una storia destinata a durare poco? A to Z appare come una commedia romantica ambientata ai nostri giorni, che tenta di raccontare una storia d’amore dal primo incontro alla sua conclusione. La domanda al centro di tutto è: centra qualcosa il destino? Andrew e Zelda sono interpretati da Ben Feldman (Mad Men) e Cristin Milioti, la madre di How I Met Your Mother, particolare che ci fa ben sperare. Dal 2 ottobre.
Perché guardarla: per gli attori bravi e la vena romantica che non ci abbandona
Perché non guardarla: per la scarsa originalità della trama
Kate Wash, archiviato anche Private Practice, si trasforma in un giudice duro e poco convenzionale in quel di Los Angeles. Carismatica e sopra le righe in aula, Rebecca Wright, questo il suo nome, nella vita privata è una party girl che passa il suo tempo tra una festa e l’altra, senza tornare a casa prima dell’alba. Le cose cambiano quando un ragazzino di 8 anni, i cui genitori sono stati messi in prigione proprio da Rebecca, ha bisogno del suo aiuto. Riuscirà il piccolo a domare il giudice cattivo? Dal 2 ottobre.
Perché guardarla: l’idea di un giudice scatenato e festaiolo non ci dispiace (l’ultimo giudice donna che ho visto in tv era Giudice Amy ed era uno strazio)
Perché non guardarla: perché sai già che l’arrivo del bambino rovinerà tutto ciò che c’è interessante in questa serie con quintali di melassa
Altra serie tra quelle per cui sono maggiormente in attesa e per la quale ho alte aspettative. Gracepointè il remake americano della serie inglese Broadchurch, serie crime che ha raggiunto degli ottimi risultati di pubblico e critica lo scorso anno. La storia è la stessa, le indagini di due detective sul misterioso omicidio di un ragazzino che sconvolge la tranquilla cittadina di Gracepoint, analizzando dettagliatamente le reazioni degli abitanti della città, dei familiari della vittima e il forte impatto mediatico della vicenda, così come il protagonista, il detective Emmett Carver, che anche nella versione “yankee” è interpretato dall’attore inglese – anzi scozzese! – David Tennant, famoso per essere stato il Decimo Dottore in Doctor Who nonché uno dei migliori dottori nella storia della serie più longeva della tv (David è anche il mio Dottore preferito!). Cambia la sua partner, la detective Ellie Mille, la cui parte è affidata a una Anna Gunn fresca di Emmy vinto per Breaking Bad. La speranza è che la serie nel suo remake made in USA, in onda dal 2 ottobre, abbia un ritmo più serrato, praticamente sconosciuto alla serialità inglese, e una realizzazione più “patinata”, senza però tradire lo spirito originario.
Perché guardarla: per gli attori, perché Broadchurch era un gran bel prodotto, perché un crime fatto bene è sempre un piacere
Perché non guardarla: se siete fan delle serie britanniche, potreste aver qualche perplessità di fronte ai remake americani
Serie davvero attesissima, insieme a Gothaml’evento di questo autunno. Già ampiamente anticipata da Arrow nella scorsa stagione, dove ci viene presentato Barry Allen (interpretato da Grant Gustin) e dove assistiamo anche all’incidente che porterà Barry a diventare il supereroe più veloce della luce, The Flash quest’anno avrà l’onere di dimostrarsi all’altezza ed emanciparsi dall’etichetta di semplice spin-off di Arrow. La serie cavalca l’onda di una tendenza, quella delle serie tv ispirate agli eroi da fumetti, che sembra non aver perso entusiasmo né approvazione da parte del pubblico. Gli autori sono gli stessi di Arrow, quindi la cosa fa ben sperare vista la fortuna che ha lo show dedicato a Freccia Verde. Non ci resta che attendere il 7 ottobre (nel pilot dovrebbe fare una comparsata anche il fighissimo Stephen Amell, donne ci siamo intese) per scoprirne di più!
Perché guardarla:perché siete cresciuti a pane e fumetti o semplicemente non disdegnate i buoni supereroi di una volta, in chiave moderna
Perché non guardarla: perché vi siete stufati di tutti questi supereroi e perché temete che gli effetti speciali strafighi del trailer siano un mero specchietto per allodole
Il 12 ottobre parte The Affair, il cui titolo già rivela ampiamente il tema in oggetto della serie. The Affair, infatti, racconta la storia tra una cameriera e un insegnante, entrambi sposati con altre persone,che si incontrano negli Hamptons, dove lei lavora in un ristorante mentre lui è in vacanza dai suoceri, e danno inizio a unarelazione extraconiugale. La serie seguire gli effetti psicologici e le conseguenze delle loro azioni, raccontati da entrambi i punti di vista.Una storia di tradimenti, sviscerata da una prospettiva quasi analitica, lasciando che sia la psicologia dei personaggi a mettere su l’intera vicenda e dirigerla nei modi più vari nel corso della serie, mentre le atmosfere appaiono molto oscure e ambigue. D’altronde si parla di corna e bugie, che ti aspettavi? The Affair segna il ritorno alla serialità, dopo Fringe, di Joshua Jackson, il quale interpreterà la parte del marito tradito. Con lui, un cast di tutto rispetto: Dominic West (The Wire), Maura Tierney (ER) e Ruth Wilson (Luther)
Perché guardarla: perché la serie potrebbe rivelarsi ben più di una banale storia di tradimenti e regalarci una visione inedita del fattaccio; inoltre il cast ha il suo appeal, Joshua in primis
Perché non guardarla: perché il tema centrale di per sé non è molto incoraggiante e l’effetto soap opera è dietro l’angolo
Altra serie tratta da un fumetto. Originalità a pacchi quest’anno tra gli autori americani! Constantine si basa sulla serie a fumetti Hellblazer, creato da Alan Moore, e segue le vicende del detective del soprannaturale e cacciatore di mostri, demoni e fantasmi John Constantine. Dal fumetto fu tratto anche il film del 2005 con Keanu Reeves. Questa volta, il ruolo di protagonista è invece affidato a Matt Ryan, già conosciuto in Criminal Minds. La serie parte già con una piccola differenza dall’originale: nel fumetto, Constantine è un fumatore accanito; nella serie si è deciso di eliminare del tutto questo vizio. I soliti perbenismi americani.
Perché guardarla: perché dopo Gotham e The Flash, non c’è due senza tre…
E anche per questa volta è tutto, gente. Vi auguro una buona visione per questo ricchissimo autunno e vi chiedo: quali sono le serie, vecchie e nuove, che attendete di più?
Oggi inauguro una nuova rubrica sperando che piaccia e che duri. Da un po’ di tempo mi ronzava l’idea di creare una rubrica che mi permettesse di parlare dei libri nella mia wishlist, ma in modo semplice e “visivo”. Mi sono così venute in mente le Inspiration Board, tanto usate nei blog americani, soprattutto in altri campi, e ho pensato di adattarle al mondo libresco. Pubblico per questa prima volta di sabato, ma la rubrica non sarà di sabato, dato che il weekend è dedicato ai riepiloghi seriali che torneranno dal prossimo mese. Sarà una rubrica infrasettimanale, semplice e veloce e, spero, piacevole a guardarsi.
Il primo libro dalla mia wishlist è una raccolta di racconti di una scrittrice che negli ultimi anni ho imparato ad amare molto: La maestra dei colori di Aimee Bender.
La casa editrice dice:
Image may be NSFW. Clik here to view.La scrittura di Aimee Bender è da sempre un inconfondibile mix di realismo e fantasia; in questa nuova raccolta di racconti la sua voce, carica di sensualità e magia, continua a ridisegnare il mondo in maniera originale, senza concessioni al sentimentalismo e ai cliché della narrativa «femminile». Alcune storie sono ambientate al giorno d’oggi, fra teenager al centro commerciale o studentesse in un campus universitario; in altre fa capolino l’elemento surreale (un ragazzino che soffre di «analfabetismo facciale», cioè non riesce a distinguere il viso delle persone e la loro espressione; un vecchietto inoffensivo che è convinto di essere un criminale nazista); altre ancora sono incantevoli esempi di «realismo magico» (una sarta viene rapita e condotta in un paese dell’Asia dove dovrà rammendare le tigri a cui si stanno strappando via le strisce) o rivisitazioni di fiabe classiche. Fin dal 1999 il New Yorker aveva segnalato Aimee Bender come uno dei «venti scrittori per il 21° secolo»; La maestra dei colori, accolta da elogi unanimi da parte della critica statunitense e inserita dal New York Times nella lista dei libri più importanti dell’anno, non fa che riconfermarne il talento.
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Per questo libro ho deciso di creare una board molto molto femminile ed eterea. I personaggi della Bender sono spesso donne molto giovani, in un mondo, interiore ed esteriore, ricco di magia e immagini vivide. Una board colorata, che richiama la fervidaattività creativa della scrittrice, capace di dare un volto contemporaneo al realismo magico con i suoi piccoli racconti pieni di vita, sensualità e incanto. Non manca infine un riferimento al tè, grande compagno di letture, qui in versione shabby e sufficientemente pink, senza stonare. Infine, un rossetto rosso, immancabile oggetto di desiderio femminile.
Domani inizia l’autunno, una stagione dai sapori agrodolci, dai colori stupendi e dagli umori malinconici in cui è bello crogiolarsi. I primi freddi, i tè caldi, le passeggiate nel parco che in questo periodo cambia colore ogni giorno. C’è tanta poesia nell’autunno, se si ha il tempo e la voglia di notarlo ed è qualcosa di unico e meraviglioso. Parlando di libri, uno dei romanzi che mi ha regalato sensazioni ed emozioni molto simili a quelle dell’autunno, nonostante lo abbia letto in giugno, è un romanzo di Jane Austen, uno degli ultimi scritti prima della sua scomparsa. Si tratta di un’opera molto più matura dei suoi libri precedenti, con meno brio e maggiore introspezione, ma intimo e caldo, una lettura piacevole, dove non c’è l’irrequietezza di Emma né l’acume di Elizabeth Bennet, ma una serenità nella narrazione e un naturale scorrere degli eventi della protagonista, che fanno di questo romanzo una lettura anche rilassante. C’è molta malinconia in Ann, la protagonista del libro, ma anche tanta tenerezza nella sua storia d’amore, meno tormentata di quelle delle atre eroine austeniane seppure sempre intricata, e si percepisce il lavoro dietro compiuto dall’autrice, giunta all’autunno della sua vita, un’operazione che scava in profondità, lasciando scorgere la sua natura spesso nascosta tra il chiacchiericcio dei salotti borghesi di campagna e le dichiarazioni d’amore di quelle che ti aspetti sempre ma di cui non potresti fare a meno. Non è il mio preferito di zia Jane, ma è quello che più mi ha aiutato a scoprire la sua personalità. Un libro decisamente adatto alla stagione che sta per cominciare. Il libro in questione è Persuasione di Jane Austen.
Arrivo con un paio di giorni di ritardo, ma su questo blog non poteva mancare un post omaggio a una delle serie più importanti della storia della televisione e della serialità moderna, a dieci anni dal suo primo episodio, il22 settembre 2014. C’è poco da fare, abbiamo cominciato tutti con Lost e siamo finiti per essere dei serial addicted instabili e felici, mentre le emittenti e case di produzione hanno dovuto rivedere il loro concetto di “serie tv” e fiction televisiva, poiché dopo Lost niente è stato più lo stesso.
Uno show apparso come una bomba nel nostro zapping quotidiano per rivoluzionare tutto, innovativo nel linguaggio, dalla storia controversa ed emozionante, dai personaggi indimenticabili e bellissimi. Jack, Sawyer, Locke, Harley, Juliet, Kate, Benjamin, Desmond, Charlie… sembra quasi di parlare di vecchi amici, e forse, per chi come me ha seguito i sei entusiasmanti anni di vita della serie, la sensazione è proprio quella. Perché chi soffre di Lostalgia fa parte di una grande e calorosa famiglia, che ancora si emoziona se pensa all’occhio di Jack che si apre di scatto sulla giungla o alla morte di Charlie o ancora alla telefonata di Desmond a Penny, oppure alla storia tra Sawyer e Juliet e molto altro ancora. Una comunità che continua a versare lacrime al grido di “We have to go back!”. E, diciamo la verità, quanti di noi vorrebbero tornare indietro sull’isola e rivivere uno degli eventi televisivi più entusiasmante degli ultimi dieci anni. Tralasciando le opinioni discordanti sul finale, che fece un gran rumore a testimoniare la portata che la serie aveva raggiunto, Lost ha scavato un posto speciale nel cuore di chiunque abbia seguito le vicende dei suoi protagonisti, e festeggiare i suoi 10 anni diventa non solo una commemorazione ma anche e soprattutto una festa piena di affetto e un pizzico di malinconia, dove tutti ci sentiamo ancora reduci nostalgici di un’incredibile avventura, orfani di una serie che ha significato davvero tanto, ancora incapaci di adeguarci a una realtà in cui sull’isola non torneremo più.
Niente, vado ad asciugarmi le lacrime di commozione e intanto vi lascio ai 10 migliori episodi di Lost secondo la sottoscritta (operazione difficilissima, tra l’altro).
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10.There's No Place Like Home: Part 2 (4x13)
La puntata in cui Ben “sposta” l’isola. In questo episodio ritroviamo Jack barbuto e imbottito di farmaci che avevamo intravisto alla fine della terza stagione, al funerale di un certo Jeremy Bentham che si rivelerà essere il defunto John Locke. Ricordo che questo particolare mi inquietò un botto, mentre piansi come un’idiota per Jin, che credevo fosse morto nell’esplosione, lasciando sola la povera Sun – e ora ve lo dico, per me la loro era una delle storie più commoventi di tutta la serie. Inoltre, è qui che tutto inizia per Sawyer e Juliet: saltato giù dall’elicottero per permettere agli altri naufraghi di salvarsi, Sawyer raggiunge a nuoto la spiaggia, dove trova Juliet e insieme a lei guarda la nave andare in fumo dopo l’esplosione. Infine, lo spostamento dell’Isola da parte di Ben, deciso a mettere un punto alla sua esperienza su quel pezzo di terra che gli aveva portato un mucchio di dolore e da cui non riusciva e non riuscirà a distaccarsi mai, è stato un giro di boa anche per l’intera serie. Da quel momento in poi le cose si sono fatte sempre più incredibili, i nodi stavano arrivando al pettine ed era chiaro che la serie aveva ormai il tempo contato per darci un epilogo degno del suo nome.
La sesta stagiona di Lost è un continuo tentativo di darci le chiavi di interpretazione non solo di quello che sarebbe stato il finale, ma anche della serie nella sua interezza. Uno degli episodi che cercano di fare luce sul passato dell’isola e su i suoi segreti, è di sicuro “Ab eterno”. In questa puntata scopriamo finalmente chi cappero sia Richard Alpert, uno degli abitanti più misteriosi dell’isola, la cui vera identità ci ha assillato per ogni singola stagione di Lost. Ci viene così rivelato che Richard in realtà si chiama Ricardo, che il suo ruolo è quello di guardiano dell’isola e che tra lui e Jacob c’è uno scontro riassumibile in uno dei temi cardine di Lost, la lotta tra bene e male, il gioco di contrasti che funge da spina dorsale della serie e che le ha permesso di rimanere in piedi per ben sei stagioni. Nel migliore dei mondi, aggiungerei. Ah, e poi viene anche distrutta la statua, il cui ritrovamento ricordo ancora con emozione, dato che la mia coinquilina uscì dalla sua stanza per correre nella mia e dirmi che dovevo assolutamente guardare Lost invece di perdere tempo a studiare per l’esame di Storia della tradizione manoscritta: detto tra noi, ne è valsa decisamente la pena.
Sempre a proposito della vera storia degli uomini dell’isola, questo è l’episodio in cui ci viene finalmente raccontato qualcosa del passato di Benjamin Linus, personaggio a suo tempo parecchio odiato ma che alla fine viene in qualche modo “perdonato” e descritto da un punto di vista lontano dagli inizi piuttosto burrascosi. Potere di Lost. La storia di Ben, d’altronde, è tutt’altro che semplice, una vicenda fatta di dolore e sofferenza, un ragazzino molto solo e odiato dal padre, e c’è poco da stupirsi se poi alla fine è uscito fuori l’uomo che conosciamo. Qui, infine, facciamo la conoscenza di Jacob, che attende Locke nella sua cascina, pronto per parlare con lui. Grande momento per la serie, seguito da un altro avvenimento a sorpresa: Ben, invidioso di Locke e della sua capacità di comunicare con Jacob, uccide John e lo getta nella fossa comune della Dharma. Applausi.
Se c’è un personaggio che meglio incarna il significato più profondo di Lost, quello è sicuramente John Locke. Uomo di fede, la sua è una storia di ricerca in tutti i sensi: ricerca delle proprie origini, della figura paterna, di un senso da dare alla propria esistenza. Sarà proprio questa ricerca a renderlo il naufrago più felice del mondo, nonché uno dei elementi chiave di tutta la storia. La strada intrapresa da Locke non sarà, naturalmente, di quelle semplici: affidarsi alla propria fede verso il mondo comporta accettare rischi e delusioni. L’illusione di aver ritrovato suo padre, un uomo spietato che sfrutta il figlio biologico per i suoi interessi, vive un parallelismo anche nel presente sull’isola: Locke ha finora creduto di avere un rapporto privilegiato sull’isola, ma la morte di Boone lo mette in crisi profonda. Sarà la luce a guidarlo, in tutti i sensi. La botola si illumina, Locke può continuare a credere e noi con lui.
Episodio storico della serie, viene introdotto un altro grande personaggio di Lost: Desmond Hume. Personaggio enigmatico per buona parte della quarta stagione, Desmond spunta fuori dalla botola, con in sottofondo Make Your Own Kind of Music, dopo un anno di attesa da parte nostra per scoprire quale origine avesse la luce vista da Locke. Un’introduzione perfetta, che con un bip riaggancia tutti gli spettatori alla tensione narrativa della serie come se non fossero passati mesi dall’ultimo episodio visto. Insieme a Desmond viene inserita nella storia anche la famosa serie di cifre che il personaggio è costretto a digitare ogni 108 minuti e che noi ricorderemo finché campiamo: 4 8 15 16 23 42. Fa capolino anche la Dharma, dando vita a una seconda – o terza, o quarta, non è facile contarle – linea narrativa che presto si intreccerà alle esistenze dei nostri naufraghi. Infine, si acuisce lo scontro fede/scienza incarnato da Jack e John, conflitto che i due uomini si porteranno dietro fino alla fine e che ci regalerà momenti meravigliosi per tutte le stagioni a venire.
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5.Live Together, Die Alone (2x23/24)
Sul finire della quarta stagione, Desmondè ancora al centro della vicenda, quando ci viene finalmente raccontato qualcosa della sua vita pre-isola. Finale doppio con il triplo dei feels e delle emozioni, a partire da Penny e Desmond, dalla ricerca di quest’ultimo del suo onore perduto per una delle inevitabili cadute che ci riserva la vita, dalla lettera di lei che lo salva dal suicidio, di una storia d’amore che vince il tempo e lo spazio e ci lascia con il cuore in mano ogni singola volta. E ancora sull’isola, quando Desmond scopre la terribile relazione tra lo schianto aereo e quella volta, il 22 settembre 2004, in cui non è riuscito a digitare le famose cifre, quando gli Altri– oh gli Altri, che espediente geniale per inquietarci e confonderci – catturano Jack, Kate e Sawyer in seguito alla trappola di Michael, quando Desmond decide di non ripetere lo stesso errore e “salvare” tutti attivando la chiave d’emergenza e facendo implodere il Cigno, quando infine, con la telefonata della stazione russa a Penny, scopriamo che c’è un mondo al di fuori dell’isola che trama nell’ombra. Tanto, troppo e tutto bellissimo: questi sono finale season!
Se penso a Lost, la prima immagine che mi viene in mente è quella dell’occhio di Jack che si apre terrorizzato nella giungla. Il suo è anche il nostro sguardo, smarrito e confuso, su qualcosa che sta accadendo proprio in quell’istante ma di cui non sappiamo assolutamente nulla. Quel senso di urgenza, caos, disperazione, paura, adrenalinaè il benvenuto a un’avventura che lascerà il segno. L’immedesimazione con Jack è istintiva e dopo pochi minuti sappiamo già che lo seguiremo fino alla fine, ma poi lo sguardo si allarga ed ecco gli altri personaggi, ognuno con il proprio carico emotivo e di esperienze che impareremo col tempo a scoprire ed amare. La coralità delle voci sapientemente orchestrate e la scrittura curata e geniale, insieme agli effetti speciali di primordine, sono le caratteristiche che identifichiamo subito fin dall’episodio pilota, elementi che caratterizzano la serie e che fungono da campanello d’allarme: qualcosa è cambiato nel mondo della televisione. Lost è cominciato e da quel momento niente sarà più come prima.
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3.The Incident (5x16)
Non credo di aver pianto tanto quanto con Lost. Quasi ogni finale di stagione si è rivelato essere una valle di lacrime. Non fa eccezione quello della quinta stagione. In un continuo movimento avanti e indietro nel tempo, al quale la serie ci ha ormai abituato (anche perché realizzato con grande fluidità e naturalezza), scopriamo che Jacob ha toccato le vite di tutti i personaggi coinvolti, assistiamo alla sua morte per mano di Ben, guidato dal finto Locke, ovvero l’uomo in nero, ma soprattutto, vediamo Juliet in fin di vita sacrificarsi per gli altri, facendo saltare in aria il nucleo della bomba che dovrebbe aiutare Jack e gli altri a cambiare il futuro. Tristezza, molte lacrime e lunghi mesi a chiedersi se quella poveretta fosse morta davvero, lasciando Sawyer solo, affranto e disperato.
Altro grande finale dall’enorme potenza drammatica. Questo è l’episodio di “We have to go back!”, frase detta da un barbuto e confuso più che mai Jack a una Kate piuttosto spaventata e scettica, che ci rivela come le prime immagini dell’episodio, da noi poveri telespettatori creduti flashback, in realtà siano dei flashforward, ambientati nel futuro, fuori dall’isola. La situazione è ancora una volta ribaltata e a te che sei di fronte allo schermo non rimane che un bozzolo di emozioni contrastanti e l’ansia per quello che verrà in seguito. Ma questo episodio è famoso e amato e odiato anche per un altro momento epico, entrato dritto nell’Olimpo dei Momenti della storia delle tv: il sacrificio di Charlie. Si tratta di una delle vette più alte raggiunte dalla serie, un evento tristissimo che coinvolge uno dei personaggi più amati, perfetto nella sua realizzazione e nella sua grande intensità visiva: la scena della mano con su scritto “Not Penny’s Boat” è ormai iconica.
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1.The Constant (4x05)
Il mio episodio preferito su tutte e sei le stagioni. Desmond viaggia tra passato, presente e futuro e lo fa per un solo e unico, nobile, coraggioso, meraviglioso motivo: l’amore per la sua Penny. La loro telefonataè la dichiarazione d’amore più romantica, sofferente, incredibile, commovente che abbia mai visto in tv, un momento tra i più belli di Lost e di sempre. Ma è anche la dimostrazione di come in Lost i misteri, gli enigmi, le tematiche etiche, filosofiche e scientifiche, siano al servizio di qualcosa di profondamente umano come può esserlo un’emozione o un sentimento come l’amore. La costante, termine matematico, diventa allora accezione che indica il vero elemento capace di legare le perone e di determinare le relazioni tra i protagonisti della serie: la fiducia nel prossimo, vero collante di ogni rapporto umano. Ok, sto di nuovo piangendo. #sapevatelo
Che l’abbiate compreso o che brancoliate ancora nel buio, che l’abbiate amato oppure odiato, il finale di Lost merita una menzione in questa Top, al di sopra di ogni posizione. Un vero fenomeno mediatico dalla portata enorme a livello internazionale. Si è parlato tanto di come sia finito Lost: per alcuni bene, per altri male, altri ancora sono ancora lì a pensarci. Tuttavia, il merito di questo finale va cercato nella sua capacità di mantenersi costante alla linea fino ad allora perseguita, sin dal pilot. Lost è una serie dalle molteplici voci, dove ognuna ha il suo peso e la sua importanza e dove nulla di ciò che accade in queste vite viene lasciata al caso. Il finale, quindi, assume il compito di “chiusura del cerchio”, mostrando, attraverso la conclusione sequenziale dei molti archi narrativi, il significato ultimo di ciò che è stato a ogni singolo protagonista, i quali scoprono finalmente la verità, unica per tutti ma diversa per ognuno. Probabilmente le tematiche al limite della spiritualità hanno fatto storcere il naso a molti di noi, ma Lost è il racconto di un viaggio, quello della vita, che ciascun personaggio ha affrontato per cercare quel qualcosa dentro di sé che li ha resi completi e pronti a passare oltre. Una metafora di un tempo in cui ci si sente spesso “persi” e in continua cerca di quel senso che sembra sempre sfuggire. Jack e gli altri, grazie all’isola, hanno raggiunto il traguardo della loro personale ricerca: le porte sono aperte, è giunto il momento di andare avanti. Il mettere in secondo piano gli elementi più fantascientifici e incredibili della serie diventa, allora, una scelta consapevole degli autori, compiuta per dare spazio al vero punto di forza di Lost, ovvero il suo enorme potenziale umano, emotivo e psicologico, capace di contraddistinguerla e renderla unica nel suo genere.
Secondo appuntamento con la Board dedicata ai libri in wishlist. Il libro di questa settimana è un romanzo che attendo di leggere da svariati mesi e finalmente la casa editrice Neri Pozza ne ha annunciato la pubblicazione a breve. Il libro in questione è Noi di David Nicholls.
La casa editrice dice:
Image may be NSFW. Clik here to view.Douglas e Connie si conoscono alla fine degli anni Ottanta, quando il muro di Berlino era ancora in piedi. Trent’anni e dottore in biochimica, Douglas trascorreva allora i giorni feriali e gran parte del weekend in laboratorio a studiare il moscerino della frutta, il drosophila melanogaster. Connie, invece, divideva il suo tempo con una «combriccola di artistoidi», come li chiamavano i genitori di Douglas: aspiranti attori, commediografi e poeti, musicisti e giovani brillanti che rincorrevano carriere improbabili, facevano tardi la sera e si radunavano a volte a casa di Karen, la sorella di Douglas piuttosto promiscua in fatto di amicizie, a bere e discutere animatamente. Ed è durante una festa nel minuscolo appartamento di Karen, in mezzo a sedici persone accalcate intorno a un asse da stiro, che Douglas si imbatte per la prima volta in Connie: capelli ben tagliati e lucenti, un viso stupendo, una voce sensuale, distinta ed elegante con i suoi vestiti vintage cuciti su misura, attillati e perfetti. Sono trascorsi piú di vent’anni da allora e Douglas e Connie sono sposati da decenni e hanno un figlio, Albie. Douglas ha cinquantaquattro anni e la sensazione di scivolare verso la vecchiaia come la neve che cade dal tetto. Connie è sempre attraente e Douglas la ama cosí tanto che non sa nemmeno come dirglielo, e dà per scontato che concluderanno le loro vite insieme. Una sera, però, a letto, Connie proferisce le parole che Douglas non avrebbe mai voluto sentire: «Il nostro matrimonio è arrivato al capolinea, Douglas. Penso che ti lascerò». Una storia finita, aggiunge Connie, con i diciassette anni di Albie che sta andando via di casa per proseguire i suoi studi d’arte altrove. Una storia da suggellare con un ultimo viaggio da fare insieme: il Grand Tour nelle maggiori città d’arte europee per preparare Albie a entrare nel mondo degli adulti, come facevano nel Settecento. Douglas, cui la vita sembra letteralmente inconcepibile senza Connie, decide che non può terminare tutto cosí, che l’amore non può svanire solo perché si è finito di occuparsi di un figlio. Accetta perciò di partire per quell’ultima vacanza insieme, un Grand Tour non per diventare piú colto, sofisticato e ricco d’esperienza come facevano nel Settecento, ma per riconquistare la moglie, e quel figlio che sembra scontento dell’uomo che sua madre ha scelto per metterlo al mondo. Romanzo commovente e irresistibile, atteso in tutto il mondo dopo lo strepitoso successo di Un giorno, Noi, selezionato per il Man Booker Prize 2014, è stato accolto dall’entusiasmo della critica e del pubblico nei numerosi paesi in cui è apparso.
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L’ispirazione per la board di oggi l’ho trovata tanto nella sinossi del nuovo libro quanto nelle sensazioni che la precedente lettura di Nicholls, il bellissimo “Un giorno”, mi ha lasciato indelebili nella memoria. Ecco allora una cucina, simbolo del “focolare domestico”, punto focale di ogni famiglia, anche la più disastrata; un quaderno di viaggio, dove appuntare note e memorie di un grand tour che si preannuncia ricco di emozioni; gli Smiths, band anni ‘80 che io associo indissolubilmente alla scrittura di Nicholls, tanto che dopo aver letto One Day ho ascoltato il gruppo per mesi e ogni volta che ci ripenso, mi torna in mente “Please, please, please”; due mani che si incontrano, in segno di speranza per una storia d’amore che desideriamo finisca bene almeno nei libri. Infine, una tazza di tè attorniata da foglie rosse e gialle, a indicare una lettura autunnale semplicemente perfetta.
Il fascino del Lontano Oriente, confermato o no. Sono una gran fan della letteratura giapponese, uno dei miei autori preferiti è Murakami e chi mi segue lo sa bene. Il libro che vi consiglio, però, è riuscito a darmi una visione del Giappone diversa e “disturbante”. La protagonista nonché autrice del libro si è trasferita in Giappone dal Belgio per lavorare in una grande multinazionale nipponica. Per lei, nata a Kobe da famiglia diplomatica, questo lavoro è un ritorno a origini che ha sempre amato e non ha mai dimenticato. Quello che però scoprirà sarà un mondo di regole, limiti, stranezze e comportamenti rigidi e ingessati incapaci i accettare quello che loro considerano diverso e in qualche modo “inferiore”, dal quale non riuscirà mai a farsi accettare e che la porteranno a ridimensionare le idee e le illusioni che aveva a proposito del suo Paese natale. Una storia raccontata con ironia spietata sulla società nipponica, sulle gerarchie e gli "stupori e tremori" su cui si basa il mondo del lavoro, sulla condizione della donna nel Sol Levante, a cui ingessano il cervello e il cuore. Il libro è Stupori e Tremori di Amelie Nothomb.